Sono 427.000 le persone colpite dall’alluvione in Somalia: di queste 175.000 persone già sfollate l’anno scorso a causa della siccità e della fame sono state costrette dai catastrofici allagamenti a spostarsi nuovamente, divenendo ancora più vulnerabili alla malnutrizione e a malattie quali diarrea acuta e colera. A denunciare il peggioramento di una situazione umanitaria già fragile – in Somalia circa 5.4 milioni di persone sono in condizioni di bisogno – è Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro.
A causare le alluvioni lo straripamento dei due maggiori fiumi della Somalia, con il livello dello Shebelle che ad aprile ha raggiunto quasi quattro metri in pochi giorni: a una settimana dal loro inizio, le piogge non accennano a diminuire.
Jalafay Isak, membro del team di risposta all’emergenza di Save the Children operativo nella città più colpita, Belet Weyne nello stato di Hirshabelle – dove il fiume Shebelle è esondato lo scorso venerdì – racconta di aver assistito a terrificanti scene con protagoniste famiglie intente a cercare disperatamente salvezza: “Durante la notte si sentiva il pianto ininterrotto delle famiglie che chiedevano aiuto: bloccate dentro alle case, coi bambini sopra agli armadi o sulle più alte superfici disponibili, avevano la paura costante di essere spazzate via dal fiume. Hanno provato a scappare, ma questo richiedeva di guadare l’acqua lì dove arrivava fino al petto ed era troppo pericoloso”.
Circa 122.580 persone sono fuggite dalle loro case, mentre il fiume distruggeva abitazioni, terreni agricoli e colture, dentro alla città e fuori. Alcuni di coloro che sono stati colpiti dallo straripamento erano già sfollati che vivevano in campi a bassa quota in seguito alla devastante siccità del 2016 e alla conseguente crisi alimentare.
Gli agricoltori hanno perso le colture destinate al commercio, quasi pronte per essere raccolte, mentre le rudimentali rete fognarie sono state spazzate via. Alcune scuole sono state allagate e chiuse e il rischio di epidemie di colera è alto.
Save the Children ha distribuito 12.000 sacchi di sabbia questa settimana e sta fornendo acqua potabile sicura a 7.000 nuclei familiari; l’Organizzazione, inoltre, sta preparando 90 latrine d’emergenza per far fronte alla mancanza di servizi sanitari e prevenire lo scoppio di epidemie nell’area.
“Tutto questo non è sufficiente, c’è bisogno di maggiore supporto” ha aggiunto Isak. “Dobbiamo lavorare insieme e supportare il governo per assicurarci di salvare vite e evitare ulteriori catastrofi”.
Poiché gli allagamenti potrebbero impiegare settimane a ritirarsi, infatti, sono necessarie barche a motore per raggiungere le persone che si trovano in luoghi isolati, bisognose di acqua potabile, rifugi, cibo, latrine, zanzariere e servizi sanitari. Il presidente somalo ha chiesto supporto urgente all’Unione Africana, la quale ha risposto schierando membri dell’esercito, tuttavia molte aree restano tagliate fuori.
Il piano di risposta alla crisi umanitaria in Somalia è finanziato solo al 18%, una quota insufficiente per sostenere le operazioni in corso contro la malnutrizione e per rispondere all’alluvione.