La paura e l’insicurezza di vivere in tenda o in ripari sovraffollati, in condizioni igieniche precarie, e l’incertezza per il futuro se non potranno tornare a scuola. Sono queste le angosce che affliggono i bambini sopravvissuti al devastante terremoto che ha colpito il Nepal tre mesi fa.
Lo rivela un sondaggio condotto su quasi 2mila bambini che vivono nei 14 distretti più colpiti dal sisma. I colloqui sono stati realizzati dalle organizzazioni umanitarie Plan International, Save the Children, UNICEF e World Vision, che esprimono la necessità di rafforzare la resilienza delle comunità contro le catastrofi e si dicono altresì allarmate per l’arrivo della stagione monsonica, ulteriore minaccia per la sicurezza dei bambini nei prossimi mesi.
Il rapporto diffuso oggi, redatto in seguito ai colloqui che si sono svolti dalla fine di maggio all’inizio di giugno, descrive le priorità espresse dai bambini: avere un rifugio adeguato, tornare a scuola e avere accesso all’acqua potabile, ai servizi igienico-sanitari e all’assistenza sanitaria.
Dal dopo terremoto i bambini hanno sviluppato profonde paure. Ragazze e ragazzi le cui case sono state distrutte, descrivono le difficoltà di vivere in ricoveri temporanei, precari e non resistenti all’acqua e al vento. “Il nostro riparo è a rischio”, dice un ragazzino a Nuwakot, uno dei 14 distretti più colpiti dove è stato condotto il sondaggio. “Siamo costretti a stare svegli tutta la notte aggrappati ai teloni per evitare che volino via”.
“Decine di migliaia di bambini vivono in abitazioni non idonee per resistere ai monsoni”, sottolinea Lucia Withers, esperto della divisione Humanitarian di Save the Children e autrice del rapporto. “Nonostante gli enormi sforzi che facciamo per aiutare le comunità colpite stiamo correndo contro il tempo per cercare di proteggere i bambini dalle intemperie e dalle malattie”.
Altra sofferenza espressa dai bambini è la mancanza di privacy e di spazio in cui sono costretti a vivere e molti di loro hanno perfino paura di essere aggrediti da animali selvaggi. Le ragazze, in particolare, si sentono indifese all’interno di spazi condivisi con altre persone. Molte dicono di aver subito molestie sessuali mentre altre temono che questa condizione possa favorire un aumento del traffico di esseri umani. “Vivere sotto al cielo e senza un tetto aumenta il rischio di abusi,” ammette un’adolescente di Sindhupalchowk, il distretto più colpito dal sisma.
“Con l’approssimarsi della stagione dei monsoni dobbiamo fare in fretta per cercare di proteggere i bambini e le loro famiglie“, dice il responsabile delle operazioni in risposta all’emergenza del terremoto in Nepal per World Vision, Admir Bajrami. “Queste persone hanno vissuto un’esperienza estremamente traumatica e per venirne fuori hanno bisogno di sostegno psico-sociale“.
I bambini che hanno partecipato al sondaggio hanno anche fornito idee pratiche e dettagliate su come ricostruire le loro vite e le loro comunità. Molti hanno espresso il desiderio di abitazioni antisismiche, scuole e altri edifici per essere preparati al meglio in caso ci fossero altri terremoti.
“Vorrei che venissero costruite case anti sismiche in zone pianeggianti e con alberi piantati”, dice un teenager di Sindhupalchowk.
“Le vite dei bambini che vivono in zone colpite dal terremoto sono state sconvolte“, afferma il responsabile di Plan International per la preparazione e risposta alle calamità, Unni Krishnan. “Bisogna essere consapevoli del fatto che è assolutamente indispensabile considerare i bambini affinché ogni azione in risposta alle calamità possa dirsi efficace“.
I bambini intervistati vorrebbero che fino a alla costruzione di nuove scuole le lezioni possano svolgersi nelle tende e al governo chiedono libri, materiali scolastici e di cancelleria dato che quelli che avevano sono rimasti sepolti sotto le macerie. Inoltre, chiedono maggiore protezione per se stessi e per gli altri bambini della loro comunità.
Nonostante le enormi difficoltà che devono affrontare, i bambini hanno mostrato alti livelli di resilienza e ottimismo, pensano che le loro vite torneranno alla normalità se non addirittura migliori di prima e ritengono che sia importante che le comunità si sostengano reciprocamente.
“Questi bambini ci hanno fornito informazioni preziose“, ha commentato il rappresentante di UNICEF, Tomoo Hozumi. “Suggerimenti che prenderemo in considerazione per i programmi nel resto del Paese e per preparare al meglio tutte le comunità del Nepal per affrontare nuove calamità“.