Domandiamoci se gli italiani godono ancora del diritto alla salute. Questione scottante ma quantomai attuale in un periodo in cui far quadrare i bilanci è ancora più importante. Si perché, parliamoci chiaro, carta canta. La discrepanza tra investimenti in spesa sanitaria e le effettive prestazioni erogate in termini di servizi, è piuttosto critica rispetto alla media europea. A decretare la sentenza è l’Osservatorio civico sul federalismo in sanità realizzato dal Tribunale e da Cittadinanzattiva. Una differenza che lascia riflettere e ci induce a riportare necessariamente i numeri: nel 2001 la spesa pro capite qui da noi è stata pari a 3.012 euro, a fronte di una media OCSE di 3.322 euro, non sembra tanta la differenza, ma se passiamo alle grandi nazioni europee, ci accorgiamo del divario sanitario: la Francia ricopre una spesa pari 4.118 euro, in Germania si sale sino a raggiungere un picco di 4.495 euro pro capite. L’Ocse sottolinea, inoltre, quanto le prestazioni garantite concretamente siano sensibilmente inferiori alla media nella zona euro considerati: i livelli di prestazioni erogate in Italia sono inferiori del 73% ( Germania), 64% (Olanda), 48% (Francia).
Percentuali da capogiro in puro stile italiano. Se a livello europeo non risultiamo così competitivi nel salvaguardare il diritto alla salute ai nostri cittadini, giocando in casa, le cose non migliorano. La Campania ha il livello di spesa pro capite più basso circa 1.711 euro, questo anche a causa del Piano di Rientro in cui è coinvolta. Anche la spesa privata ha un trend analogo a quella pubblica. Anche qui notiamo livelli di spesa sanitaria più bassi nelle Regioni del centro e del sud in piano di rientro e livelli più alti nelle Regioni più virtuose. Si passa dai 738,5 euro della Provincia di Bolzano ai 238,1 euro della Campania.
I cittadini contribuiscono alla Sanità attraverso Ticket e spesa farmaceutica. Anche le aliquote dell’Irap e dell’addizionale regionale all’Irpef sono mediamente più alte per effetto degli incrementi automatici nelle Regioni con disavanzi sanitari elevati. Sul fronte della prevenzione vaccinale e degli screening organizzati, la quota investita per la prevenzione e promozione della salute in Italia è pari al 5% stando ai dati più recenti. Si è registrato un aumento per le vaccinazioni obbligatorie e facoltative infanzia, mentre per gli screening oncologici non c’è alcun miglioramento.
Insomma, la prevenzione e promozione della salute in Italia, vacilla. Ne sono la dimostrazione gli ultimi dati ISTAT. La nostra regione è tra quelle che non hanno fornito le informazioni richieste dal Questionario LEA 2011, il quale ha il compito di verificare l’erogazione dei Livelli Essenziali di assistenza in condizioni di efficienza nell’utilizzo delle risorse. Per le patologie reumatiche e cardio-cerebrovascolari, la Campania presenta forti ritardi nella capacità di far fronte alle persone affette da queste patologie e ad attuare una valida programmazione per far fronte a questa mancanza di risorse. Ad aggravare la situazione è la disomogenea distribuzione sul territorio delle stroke units per l’ictus e la capacità di risposta sanitaria, tutte attività che se potenziate potrebbero ridurre l’incidenza del tasso di invalidità. In alcune regioni questa copertura essenziale non raggiunge il 40% , la Campania sfiora soltanto il 10,5%.
Ma la ciliegina sulla torta arriva dall’ultimo rapporto svolto da Agenas, Libera e Gruppo Abele, le quali hanno svolto un’indagine in 240 aziende sanitarie italiane in merito all’attuazione delle nuove leggi sulla trasparenza e l’anticorruzione. Analizzando i dati a livello regionale si scopre che a fronte di regioni largamente adempienti ci sono regioni che in materia di trasparenza lasciano a desiderare: è il nostro caso, quello della Campania, con il 45%. Sono dati shock che ci lasciano riflettere su quanto la sanità sia malata alle radici. Dati che balzano agli occhi proprio quando si sta per riscrivere il Patto per la Salute tra Regioni. Peccato.