Mantenere gli equilibri fisici, chimici e biologici del mare è condizione indispensabile per salvaguardare la vita sul pianeta Terra. In seguito ai cambiamenti globali, prodotti dalle emissioni di gas serra, importanti variazioni stanno avvenendo nel livello degli oceani, nella temperatura superficiale dell’acqua marina, nella sua acidità e nella concentrazione di ossigeno disciolto; l’inquinamento, l’aumento dei traffici marittimi, la cementificazione delle coste, la pesca incontrollata stanno arrecando danni enormi alla biodiversità marina.
I rimedi non possono essere responsabilità dei singoli stati nazionali, ma occorre una strategia globale per far fronte al disastro ambientale; in particolare, occorrono regolamenti omogenei nella gestione delle Aree Marine Protette (MPA). Mappa complete delle MPA in tutta la superficie degli oceani sono reperibili ai siti mpatlas.org e protectedplanet.net che forniscono report periodici sull’estensione e la gestione delle MPA. La International Union for Conservation of Nature (IUCN) è una organizzazione scientifica internazionale che opera nel campo della conservazione della natura e nell’uso sostenibile delle risorse naturali: è coinvolta nella raccolta ed analisi di dati, in progetti di ricerca ed in programmi educativi.
Secondo il rapporto “Stato dei mari” rilasciato nel 2017, solo il 3,7% degli oceani del mondo è protetto in aree marine attuate e gestite attivamente (mentre le aree protette costituiscono il 15% delle terre emerse). Circa la metà di questo, o il 2,0%, dell’oceano è fortemente protetto in “no-take zone” (riserve dalle quali non si può asportare alcunché). Nell’autunno del 2017 a Malta si è tenuta una conferenza internazionale sulle aree marine protette che ha lanciato la “Dichiarazione di Malta” che lancia l’obiettivo del 10% delle aree protette dicendo testualmente: “Se vogliamo raggiungere il 10% dell’oceano protetto entro il 2020, dobbiamo attuare quanto è stato impegnato, mettere in atto ciò che è stato suggerito, e creare nuove aree completamente protette. Invitiamo inoltre le nazioni del mondo ad accelerare la creazione, l’attuazione e l’applicazione di aree protette autentiche all’interno delle loro zone economiche esclusive e in alto mare.”
C’è anche da dire che in molte MPA il controllo delle attività è poco efficiente, tanto è che, per esempio, lo squalo martello, specie in via di estinzione, è tranquillamente pescato nel celebre parco della Grande Barriera Corallina in Australia. Il controllo della pesca, permessa in certi limiti in alcune MPA, è continuamente eluso, per la scarsa sorveglianza delle autorità degli stati costieri.
Naturalmente, la maggiore estensione della superficie dei mari (61%) è all’esterno delle zone economiche esclusive dei singoli stati, per cui è complicato raggiungere accordi per istaurare nuove MPA, ma è proprio in queste aree che bisogna agire per raggiungere l’obiettivo del 10% di aree protette nel 2020, fissato a Malta. Un risultato in questo senso si è ottenuto nel dicembre 2017, ad Hobart (Australia), con la costituzione della più estesa area marina protetta (1.555.851 Km2) nel mare di Ross in Antartide, ad opera della “Commissione per la conservazione delle risorse biologiche antartiche” (CCAMLR) che include l’UE e 24 altri paesi. Quest’area marina è la più incontaminata del pianeta con circa 16000 specie finora documentate di vertebrati ed invertebrati marini. Questa nuova MPA limita, o vieta del tutto, determinate attività al fine di soddisfare specifici obiettivi di conservazione, protezione dell’habitat, monitoraggio degli ecosistemi e gestione della pesca. Il 72% dell’MPA è zona di divieto di pesca, che vieta qualsiasi attività, mentre altre sezioni consentiranno la raccolta di pesci e krill per la ricerca scientifica.
Purtroppo non si è ancora riusciti a siglare l’accordo internazionale, proposto per sei anni consecutivi dalla CCAMLR per istituire una MPA nel mare Antartico prospiciente la Terra della regina Maud. Si sono infatti opposti Cina, Sud Corea, Giappone, Norvegia che in quei mari pescano indiscriminatamente merluzzi australi (Dissostichus eleginoides) e krill (gamberetti usati per ricavare omega3 e produrre farine per alimentazione di acquacultura).