Saluto romano fascista: nostalgia o reato? Questa è una domanda che ci siamo posti tante volte per anni. Ora c’è una risposta: quella della Corte di Cassazione. Questa, salomonicamente, ha deliberato che è reato solo quando il gesto viene effettuato in situazioni chiare di tentativi di ricostituzione del partito fascista.
Il “saluto romano fascista” è un gesto che ha radici profonde nella storia politica italiana durante il periodo del regime fascista guidato da Benito Mussolini, che governò il paese dal 1922 al 1943. Questo gesto, noto anche come “saluto del braccio teso”, divenne un simbolo distintivo dell’adesione al regime fascista e della sottomissione all’autorità del leader.
Il saluto romano fascista consiste nell’alzare il braccio destro in modo esteso con la mano tesa e il palmo rivolto verso il basso. L’ispirazione per questo gesto venne presa dall’antica Roma, evocando l’immagine di potere, disciplina e lealtà all’autorità. Il saluto fu ampiamente utilizzato durante le manifestazioni, le parate e gli eventi ufficiali del regime fascista.
Tuttavia, con la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945, il saluto romano è stato vietato in Italia, insieme ad altre simbologie fasciste, nell’ambito della legge di epurazione che vietava la promozione del fascismo e dei suoi ideali. Il divieto mirava a sradicare gli elementi simbolici e culturali associati al periodo totalitario.
Negli anni successivi, il saluto romano fascista è stato oggetto di una stigmatizzazione diffusa in Italia e in molte parti del mondo, in quanto rappresentava l’adesione a un regime responsabile di gravi violazioni dei diritti umani e dell’autoritarismo. L’uso pubblico del saluto romano è considerato offensivo e inaccettabile, poiché evoca un periodo oscuro della storia italiana.
Norme che vietano il saluto romano fascista
L’articolo 293 del Codice Penale italiano stabilisce che “chiunque, pubblicamente, fa apologia del fascismo o del nazismo, o ne reincarna metodi con l’incitamento a compiere o commettere atti di discriminazione o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, è punito con la reclusione fino a due anni”.
Sono poi intervenute due leggi specifiche in merito: la Legge 20 giugno 1952, n. 645 ricordata come legge Scelba dal nome del Presidente del Consiglio di allora; e la Legge n. 205/93 che porta il nome dell’allora ministro competente Mancino. Questa è quella che è stata espressamente richiamata dalla Corte di Cassazione nella sua ultima pronunciazione che, in realtà, sembra quasi ‘liberalizzare’ l’uso di quel simbolismo, abbastanza odioso in verità.
La durezza delle leggi antifasciste in Italia rifletteva il rifiuto della società di tollerare ideologie antidemocratiche che hanno causato gravi danni nel passato. L’intento è proteggere la stabilità democratica del paese e garantire che gli errori storici non vengano ripetuti. La tutela contro la diffusione di simboli e gesti fascisti è una manifestazione del impegno della nazione a promuovere i valori democratici e la convivenza pacifica.
Spira vento di revisionismo storico in Italia oggi. È una buona notizia? Va fatta qualche riflessione?
Foto da AdNKronos