(Adnkronos) – E’ bastato inserire, a partire dal 2021, tra gli esami già previsti i test di albuminuria (calcolo Acr) e creatininemia (Gfr) come indicatori di danno renale precoce e di progressione di patologia per individuare la malattia renale cronica nel 3,8% degli oltre 7mila lavoratori screenati al Policlinico di Bari ogni anno. Lo rendono noto la Federazione delle società medico-scientifiche Italiane (Fism), la Società italiana di nefrologia (Sin) e la Società italiana di medicina del lavoro (Siml), in occasione della Giornata mondiale del rene che si celebra oggi 14 marzo.
A spingere in questa direzione il Policlinico di Bari l’aumento costante della prevalenza della malattia renale cronica (Mrc) che colpisce il 10% della popolazione generale nel mondo, il 7% in Italia. Da qui l’idea di inserire nella visita medica annuale il dosaggio di Acr e Gfr per ciascuno dipendente.
“L’utilizzo nelle visite di screening di Acr e Gfr – spiega Luigi Vimercati, direttore dell’Uoc di Medicina del lavoro universitaria del Policlinico di Bari – ha evidenziato che l’applicazione di due semplici marcatori di danno renale, dal bassissimo costo, ha permesso di identificare in 7.124 lavoratori screenati la Mrc nel 3,8% (fascia di età 20-39 anni: 3,36%; fascia di età 40-59 anni: 3,82%; fascia d’età 60-over: 5,97%), sottolineando l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione dei pazienti a rischio di malattia renale cronica.
La collaborazione tra esperti di diverse discipline (nefrologia, cardiologia, diabetologia, medicina del lavoro) può portare a nuove strategie per la tutela della salute dei lavoratori e la prevenzione delle malattie renali”. “Inserire negli esami i test Acr e Gfr come indicatori di danno renale ha rivoluzionato la diagnosi precoce Mrc”, afferma Loreto Gesualdo, nefrologo e presidente della Fism.
E’ “un importante passo avanti nel monitoraggio della malattia renale cronica, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre il carico di questa patologia sulla società e sul Servizio sanitario nazionale. La diagnosi precoce di malattie renali misconosciute – sottolinea Gesualdo – può portare a interventi terapeutici tempestivi e migliorare significativamente la prognosi dei pazienti”.
Sulla base di questi risultati, “la Fism – annuncia il presidente – in collaborazione con Sin e Siml, sta lanciando uno studio nazionale allargato ad altre realtà simili al Policlinico di Bari, per poi estenderlo a tutte le realtà lavorative pubbliche e private. L’obiettivo è implementare nuove strategie di prevenzione e monitoraggio della malattia renale cronica a livello nazionale, per una diagnosi precoce della patologia e per il rallentamento della sua progressione con strategie terapeutiche mirate”.
Evidenzia l’importanza di questo approccio integrato anche il presidente della Sin, Stefano Bianchi, secondo il quale questo metodo di lavoro “rappresenta un passo avanti significativo nella lotta contro la malattia renale cronica. L’identificazione precoce dei pazienti a rischio – aggiunge – e l’intervento tempestivo possono migliorare notevolmente l’esito clinico e la qualità della vita”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente eletto della Sin, Luca De Nicola: “L’uso combinato di Acr e Gfr come biomarcatori di danno renale precoce – rimarca – è fondamentale per una diagnosi tempestiva e un monitoraggio efficace dei pazienti affetti da malattia renale cronica”. “Questa implementazione – conclude la presidente della Siml, Giovanna Spatari – dimostra l’importanza di un approccio multidisciplinare nella gestione della salute dei lavoratori. La collaborazione tra esperti di medicina del lavoro e nefrologia può portare a nuove strategie di prevenzione e cura”.
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