(Adnkronos) – “Oggi abbiamo diverse terapie in grado di mantenere sotto controllo l’infiammazione della malattia di Crohn e la colite ulcerosa, le due principali forme di malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici) caratterizzate, come dice il nome stesso, da un’infiammazione cronica che colpisce l’intestino in diverse sedi e che ha un impatto in termini di sintomi estremamente importanti.
Mentre la colite ulcerosa è caratterizzata dall’emissione di sangue nelle feci e dolore addominale, la malattia di Crohn si caratterizza più frequentemente per un’importante diarrea e dolore addominale con un enorme impatto sulla qualità di vita”.
Così Massimo Fantini, responsabile Unità per la ricerca, diagnosi e cura delle Mici, Uoc di Gastroenterologia, Aou di Cagliari, questa mattina a Milano in un incontro con la stampa organizzata da Abbvie nel quale sono stati presentati i risultati di alcuni studi recenti che hanno coinvolto pazienti italiani.
I trattamenti attualmente disponibili, controllando la malattia infiammatoria, hanno “un importante impatto migliorativo sulla qualità di vita – osserva Fantini – ma purtroppo non abbiamo, nonostante si conoscano importanti meccanismi patogenetici alla base di queste malattie, una cura che sia in grado di far guarire i nostri pazienti in maniera definitiva.
Terapie rallentano infiammazione nelle Mici
Questi pazienti sono destinati, nella migliore delle ipotesi, ad avere dei trattamenti cronici e, augurabilmente, un buon controllo di malattia”. Sul tema della sottodiagnosi, nel nostro Paese “ci sono aree in cui probabilmente si è raggiunto un livello di sensibilità, soprattutto da parte dei medici di medicina generale, che sta portando fuori un sommerso rilevante – sottolinea il gastroenterologo – In altre aree, invece, questo avviene meno efficacemente.
È un problema di conoscenza della malattia, sia dalla parte medica sia da parte dei pazienti”. A tale proposito sono rilevanti le campagne di awareness messe a punto da dalla società scientifica di riferimento e dall’Associazione dei pazienti per promuovere la conoscenza di queste malattie e rivolgersi al medico.
“Soprattutto nella malattia di Crohn – chiarisce Fantini – anche per una questione di come si manifesta, si ha un ritardo diagnostico di anni e, in alcuni pazienti, affetti da forme non particolarmente severe, questo ritardo diagnostico spesso porta direttamente a un intervento chirurgico, prima di avere accesso a delle terapie che, seppur non ancora in grado di curare definitivamente, hanno lo scopo di rallentare il processo infiammatorio e il conseguente danno che si accumula”.
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