Spending review. Sforbiciate di qua e di là. Chi ci rimetterà? A porsi la domanda è stavolta il Dicastero della Sanità, che, secondo le indiscrezioni trapelate ad oggi da Palazzo Chigi, sarebbe uno degli obiettivi previsti dalla revisione di spesa operata dall’equipe di Renzi.
L’ipotesi circolata con insistenza è che il ricco Fondo sanitario (oltre 109 miliardi per l’anno in corso mentre sono previsti 111,6 miliardi circa per il 2015 e 115,4 miliardi per il 2016) con cui si alimentata l’intero servizio sanitario nazionale possa essere ridotto di 3 miliardi di euro. Una possibilità, questa, che ha fatto imbufalire governatori, partiti e sindacati: una protesta bipartisan unanime che ha coinvolto personalità diverse del mondo politico, dai leghisti Zaia e Maroni a Bersani (Pd) fino a Chiamparino e alla conferenza delle Regioni, passando per la Cgil.
È vero, il premier Matteo Renzi nell’ultima apparizione televisiva aveva spiegato che “revisione della spesa non significa tagliare la sanità” ma aveva poi aggiunto una frecciatina: “le Regioni, prima di fare proclami inizino a spendere bene i soldi che hanno”. E se dal canto suo, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin getta acqua sul fuoco e cerca di rassicurare che non ci sarà al momento nessun taglio di 3 miliardi al Fondo sanitario, è chiaro che qui gatta ci cova. La scadenza prossima del 15 ottobre della Legge di Stabilità è certo un campanello d’allarme per i conti pubblici e il nostro premier lo sa bene. Ben 20 miliardi di euro occorreranno per la manovra 2015 e qualcosa bisognerà pur tagliare. Ecco perciò che ogni dicastero è invitato a presentare una lista di ciò che andrebbe eliminato e a ridurre la spesa. Per la sanità circola unanime in questi giorni la proposta di applicare a tutte le Regioni i costi standard: stesso prezzo per una siringa in tutta Italia per intenderci. Ricordiamo che con l’espressione costi standard ci si riferisce a quanto le Regioni sborsano per erogare servizi sanitari ai loro cittadini e qual è la qualità dell’assistenza. Un anno fa si è deciso di prendere alcune realtà locali virtusose (Veneto, Emilia Romagna e Umbria), quelle con i bilanci più sani, come punto di riferimento in fatto di spesa in relazione all’obiettivo di suddividere il fondo sanitario nazionale tra le varie Regioni. Questo non significa che ad esempio le siringhe costeranno la stessa cifra in tutte le Asl in quanto le spese standard hanno invece a che fare con le centrali uniche di acquisto di beni e servizi. Il fatto di poter renderle omogenee su tutto il territorio è più complesso di quel che sembri. Al momento si cerca di realizzare un sistema per calcolare quanto debbano ricevere ogni anno le varie Regioni. Un tempo ci si basava solo sul numero di abitanti e sulla loro età, adesso conta anche il modo in cui lavorano i sistemi sanitari. E si sa che ci sono Regioni che spendono bene e a altre che spendono peggio. La malasanità, però, non è solo al Sud così come i furbetti sono ovunque, sia chiaro. Quindi, per ora, niente prezzi uguali in Piemonte e in Sicilia per la stessa siringa. E il Patto per la salute che fine fa? Entro il 31 dicembre le Regioni sono state chiamate a scrivere piani di riordino dei servizi sanitari e il fondo iniziale da 109 miliardi di euro loro assicurato avrebbe dovuto finanziare il servizio sanitario nazionale. Per Chiamparino, perciò, “se si rompe questo patto d’onore si rompe anche il rapporto di fiducia”.
15 Settembre 2014
SALUTE E SPENDING REVIEW
Scritto da Claudio Talone
Il Ministro della sanità Lorenzin rassicura: niente tagli al fondo. Intanto i 20 miliardi necessari al Governo per la manovra 2015 destano più di una perplessità. E dalle Regioni ai sindacati insorgono.