Che l’oggettività dei fatti non esiste, che non bisogna aver paura, che ci si deve documentare ad ogni costo. Il mestiere del giornalista-reporter non è facile, non è affatto facile, specialmente se ci si trova a lavorare in condizioni disagiate e non comodamente seduti dietro una scrivania a fissare ad intermittenza la macchina da scrivere e il paesaggio fuori dalla finestra. Il libro-intervista Ryszard Kapuscinski, Il cinico non è adatto a questo mestiere, conversazioni sul buon giornalismo, a cura di Maria Nadotti, citato nell’articolo precedente e che riprenderemo in questo, raccoglie in tre interviste gran parte del pensiero di Kapuscinski sul mestiere del giornalista. In questo breve articolo cercheremo di ripercorrere i momenti più interessanti delle interviste, al fine di trasmettere un’immagine, seppur sommaria, di una delle figure più interessanti e complesse del panorama internazionale.
L’oggettività dei fatti non esiste
Il mestiere del giornalista e del reporter è un mestiere difficile diceva Kapuscinski. Anche se lo si fa con dedizione, passione e professionalità, si può perdere facilmente la “retta vita” con il rischio di scivolare nel burrone delle proprie passioni e del proprio punto di vista. Ma Kapuscinski era una persona estremamente riflessiva e dotata di notevole acume. Sapeva, e affermava, che per quanto ci si sforzi, il racconto di un evento non potrà mai essere oggettivo al cento per cento. Solo quando si raggiunge questa completa consapevolezza si potrà raccontare, Ma se pensiamo di raccontare con oggettività ci sbagliamo. Kapuscinski riteneva che il giornalista e il reporter devono avere la consapevolezza che ciò che si racconterà, per quanto aderente alla realtà, sarà sempre una visione personale, e in quanto tale, precaria. Se più persone assistessero ad una rivoluzione, ognuno la riporterebbe in maniera diversa, ognuno avrebbe una propria visione dell’accaduto con il risultato che ci sarebbero più verità. Il tempo poi, mette la ciliegina sulla torta e contribuisce a rendere tutto ancora più complicato. Eh si, a volte si scrivono gli articoli a distanza di tempo e la memoria, si sa, è labile.
Col tempo si perdono involontariamente dettagli fondamentali, se ne occultano inconsapevolmente altri, magari vitali per una migliore comprensione dell’accaduto. Inevitabilmente, i fatti mutano inconsapevolmente nella nostra anima e, di fatto, quell’aderenza alla realtà che ci siamo prefissati di mantenere è costantemente disattesa. Metteteci poi le sensazioni a freddo, che con quelle a caldo hanno molto poco a che fare… Queste considerazioni però, affermava Kapuscinski, non devono scoraggiare il giornalista, perché l’importante è avere l’intento giusto, la voglia e il dovere di cercare e raccontare la verità.
Il nostro viaggio alla riscoperta di Kapuscinski continua
articolo presente in www.sguardoadest.it