(Adnkronos) – La finta telefonata alla premier italiana Giorgia Meloni, da parte di un sedicente presidente della Commissione dell’Unione Africana, è soltanto l’ultimo, in ordine di tempo, di tanti ‘scherzi’ che fanno parte di quella che è invece una guerra ibrida, basata sull’arma della controinformazione. La conversazione della presidente del Consiglio con due prankster russi vanta infatti illustri precedenti, sempre a firma di Vovan e Lexus, da Pedro Sanchez a Boris Johnson, da Elton John a J.K. Rowling, fino a Justin Trudeau, Angela Merkel ed Henry Kissinger.
Un bel medagliere, non c’è che dire, per i due burloni russi, ma che nel caso della Meloni “mettono nel carniere un magro bottino, grazie soprattutto all’abilità della presidente, che non ha dichiarato niente che sia in contrasto con la politica italiana“, dice all’Adnkronos il Senior Advisor dell’Ispi Stefano Stefanini, secondo cui la telefonata “crea comunque un senso di sfiducia e di incertezza all’interno di palazzo Chigi“.
“Un piccolo risultato è stato infatti raggiunto e sarebbe importante rendersene conto – afferma Stefanini – Lo scopo non è tanto quello delle dimissioni del consigliere diplomatico, ma generare una sfiducia del Governo nelle strutture che lo assistono e che non fanno altro che fare il loro dovere. Da parte russa – ricorda – la guerra ibrida è in corso da tempo, su questo non vi è il minimo dubbio. Pensiamo alle elezioni negli Usa del 2016, nelle quali Mosca influì nella vittoria di Trump, e, nello stesso anno, anche se è difficile quantificare come, nel voto nel Regno Unito a favore della Brexit. La Russia sa che l’unica maniera per mettere in difficoltà l’Occidente, non potendo competere sul piano delle capacità economiche, intellettuali, scientifiche, nonché militari, è di rompere la sua coesione dall’interno, utilizzando tutti gli strumenti di propaganda possibili per creare divisione fra i singoli Paesi“.
“Il fatto che Mosca si sia schierata così apertamente, fin dall’indomani del 7 ottobre, a favore di Hamas – prosegue l’ambasciatore – non soltanto a sostegno della causa palestinese, che fino a quel momento era ignorata – Putin aveva un ottimo rapporto con Netanyahu, ma non mi risulta che avesse con lui sollevato la questione palestinese – è perché in essa e nel risveglio di un ondata antisemita in Europa e negli Stati Uniti vede un’occasione per creare spaccature dell’Occidente dall’interno. La telefonata è un piccolo episodio, ma rientra in questo schema, e il suo scopo è quello di generare sfiducia e incertezza attraverso la disinformazione, il cui segreto è quello di saper nascondere la mano, facendola passare per informazione documentata. Nel momento in cui, seppure strumentale, l’informazione ci mette la firma, diventa invece propaganda. La disinformazione è pertanto più sottile, facendo passare per informazione obiettiva e documentata quella che è invece propaganda“. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)