Russia incatenata di Francesca Legittimo edito da Intra Edizioni è un libro ricco di suggestioni, coinvolgente e avvincente, proprio come i migliori libri di suspense.
Protagonista indiscusso di Russia incatenata è la prigione. Luogo di patimenti e degrado verso il quale la cultura russa si è sempre sentita stranamente attratta, perché spazio di estrema sofferenza, tappa obbligata verso la purificazione. E’ nelle prigioni che si consumano i drammi esistenziali e i tormenti fisici di alcuni personaggi che hanno contribuito alla grandezza della letteratura russa. Con grande trasporto, Francesca Legittimo ci racconta l’esperienza drammatica dell’Arciprete Avvakum, la storia di Dostoevskij, le prove di Solženicyn, l’inferno di Šalamov, il punto di vista di Dovlatov, le vicende di Čechov e di tanti altri scrittori russi.
Avvakum e Dostoevskij
Russia incatenata di Francesca Legittimo si legge tutto di un fiato. Non possiamo non partecipare con commozione al dramma dell’Arciprete Avvakum (1621-1682), che rimarrà in prigione 14 anni per poi essere messo al rogo perché strenuo oppositore della riforma attuata dal patriarca Nikon e sostenuta dallo zar. Avvakum venne oppresso, torturato e incarcerato ma il suo messaggio arrivò a molti fedeli e fece numerosi proseliti, i cosiddetti Vecchi Credenti, perseguitati, purtroppo, sistematicamente.
Francesca Legittimo ci racconta le vicissitudini, la tenacia e l’ardore dell’uomo Avvakum, un rivoluzionario, ma anche un innovatore. L’arciprete, infatti, nei lunghi anni di prigionia si dedicò alla scrittura e in particolare alla sua autobiografia, introducendo un elemento sconosciuto fino ad allora: la lingua parlata. Le memorie di Avvakum, infatti, hanno come protagonista l’ “io”, un’audacia nella letteratura russa del tempo, dal momento che solo ai santi e agli eroi era concesso essere protagonisti di libri.
Con la stessa intensità, il testo di Francesca Legittimo ci accompagna nelle pieghe dell’animo dell’amatissimo Dostoevskij (1821-1881), anche lui in prigione per quattro anni in Siberia. A differenza di Avvakum, per lo scrittore di Delitto e castigo, la prigione sarà un’esperienza salvifica. Dostoevskij ne uscirà spezzato ma anche rinato e abbandonerà la prigione con il Vangelo sottobraccio. Per il grande scrittore russo, infatti, la detenzione è percepita quasi come una tappa inevitabile per una reale crescita spirituale.
In merito, invece, al sistema detentivo, Dostoevskij era convinto che le prigioni non fossero affatto un veicolo correttivo, anzi, il contatto con altri detenuti non poteva che essere ulteriormente corruttivo.
Russia incatenata di Francesca Legittimo
Particolarmente interessante sono le testimonianze di Čechov e Tolstoj sul sistema detentivo che l’autrice approfondisce per restituire al lettore un punto di vista diverso. Entrambi gli scrittori, infatti, non avevano patito il carcere, ma avevano scelto volontariamente di indagarlo in profondità.
Anton Čechov (1860 -1904) all’età di 29 anni scelse di intraprendere un lungo e tormentato viaggio a Sachalin. Qui lo scrittore decise di raccontare la vita e le impressioni percepite nella colonia penale istituita dal regime zarista, ma soprattutto il viaggio era per Čechov un imperativo morale e un obbligo civile. Lo scrittore russo annoterà tutto; il risultato sarà una raccolta di appunti di viaggio basata su ricordi ed esperienze personali. L’obiettivo della sua opera era solo uno, perfettamente in linea con le motivazioni: realizzare un lavoro dal taglio divulgativo e scientifico.
Particolarmente interessante è il capitolo che Francesca Legittimo dedica a Lev Tolstoj (1828-1910). Per l’autore di Anna Karenina e Guerra e Pace, le catene che lo privavano della libertà erano quelle interiori, le sue prigioni personali, luoghi in cui si consumavano domande, disagi, crisi esistenziali e spirituali. Non luoghi di prigionia veri e propri quindi, bensì condizioni dell’anima che lo privavano della libertà. Particolarmente curiosa è la storia della fasciatura dei neonati, un’usanza a cui fu sottoposto anche Tolstoj in tenera età. Forse, inconsciamente, lo scrittore russo crebbe con un forte senso di oppressione che lo spinse alla ricerca della libertà per tutta la vita.
Il capitolo è un’opportunità anche per approfondire il romanzo Resurrezione, ma anche per sbirciare nella vita di Tolstoj, per conoscere le sue ansie, la considerazione che aveva delle donne, il concetto di carcere come prodotto di uno Stato malato e violento, la sua fuga e l’allontanamento dalla famiglia.
Russia incatenata di Francesca Legittimo si legge come un romanzo, è scorrevole, è caratterizzato da un linguaggio diretto e uno stile accattivante che appassiona il lettore a ogni storia. Gli altri capitoli del libro sono incentrati sulle figure di Solženicyn, Šalamov, Dovlatov, Brodskij, Prilepin e Limonov per chiudere con un capitolo interessantissimo sul gergo carcerario e criminale. In merito a quest’ultimo tema, l’autrice ci accompagna negli anni ’90 per indagare sulle origini della “mitizzazione del carcere” in modo da spiegare diversi aspetti della moderna società russa, fino ad arrivare al 2023 e al caso Naval’ny e Kara – Murza.