Ruggeri e la schiavitù mentale da mascherine non è un racconto epico, non è nemmeno un racconto fantastico alla Calvino per intenderci. Nemmeno è un incipit di una canzone – e potrebbe essere visto l’autore-. E’ un’affermazione che il noto cantante ha voluto esprimere per farci sapere che a lui le mascherine proprio non gli piacevano e chi le usa sarebbe affetto da una sorta di schiavitù mentale.
Se la poteva evitare? Secondo noi si e senza ombra di dubbio. Un’uscita intempestiva, arrogante, denigratoria e che strizza l’occhio al popolo no vax, no green pass e via discorrendo? Per carità, nulla in confronto ad altre amenità dai risvolti molto più pesanti come quelle del figlio del comico romano rispetto alle bare di Bergamo o le scene patetiche di giubilo per la riacquisita libertà il giorno 11 quando il decreto che elimina l’uso delle mascherine all’aperto è entrato in vigore.
E’ un po’ di tempo, lo sappiamo tutti, che la situazione nel Paese è molto tesa. La pandemia ha portato con se un certo mutamento dei rapporti sociali e questo è sotto gli occhi di tutti. Le difficoltà si sono acuite per tutti e c’è molto meno rispetto degli uni verso gli altri come regola di vita, ormai.
Le parole possono essere armi e chi vive di parole dovrebbe saperlo
La realtà è che le parole possono essere armi molto affilate e chi vive di parole, come Ruggeri, dovrebbe saperlo bene e dovrebbe saperle usare bene quelle parole. Invece, pare che abbiamo perso un po’ tutti la bussola e non riusciamo più a rientrare nella realtà.
Sembra, ormai, quasi di vivere pedissequamente in un social: una specie di continuo Truman Show dei poveri dove il rapporto interpersonale è fatto solo di allusioni, punzecchiature, prese di posizioni e contrapposizioni che deflagrano in violenze verbali ed anche fisiche a volte.
Questa necessità di commentare tutto ad ogni costo e di dover dire la propria anche quando sarebbe molto più salutare non farlo, rivalutare la forza ed il valore del silenzio. Per carità, che uno possa avere un’uscita infelice ci sta ma che usi la sua visibilità per perorare cause almeno discutibili è un po’ triste, in verità.
Due anni di pandemia e l’equivoco della libertà e delle libertà
Dopo due anni di pandemia l’equivoco sulla libertà e le libertà è davvero giunto al culmine e sembra essersi incanalato in un avvitamento a spirale negativa che tira dentro e tritura tutto, soprattutto quel residuo di umanità che dovrebbe esserci rimasto in fondo.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che il mondo della musica, specie quella dal vivo abbia avuto un contraccolpo economico ed anche sociale davvero bestiale ma questo basta a far perdere il senso della realtà? Rivendicare un ruolo attivo e fattivo da parte di un artista è sempre cosa augurabile ma rispetto a quello che si dice non ci può essere esenzione di responsabilità.
L’intento offensivo insito nello sberleffo e nella presa in giro di chi vuole solo proteggere se stesso e gli altri con l’uso della mascherina è davvero molto triste. Un disprezzo davvero immotivato e ‘violento’ che non ha nessuna giustificazione.
Il paradosso
Il paradosso che si viene a creare, in questo le colpe del governo nell’aver cambiato le carte in tavola dalla sera alla mattina sono enormi, è lampante. Aver dato il messaggio subliminale di liberi tutti, probabilmente, equivale all’accettazione del fatto che al momento attuale e con il livello raggiunto dalla fase vaccinale ormai non resta che rincorrere l’immunità di gregge e per chi si piglia il virus amen.
Questo non è convivere con il Covid questo è mero calcolo (speriamo vivamente non fatto male ma qui ogni cautela è lecita), questo è come puntare al casinò. Andrà bene? Andrà male? Chi lo sa: giochiamo e vediamo, ma sempre un azzardo è, non lo dimentichiamo.
Il buon Ruggeri farebbe bene ad affidare alla puntina del giradischi i suoi pensieri, magari condendoli con una melodia che li renda più digeribili; mettendosi in gioco capendo quanta gente gradisce le sue posizioni e capire quanto gradimento ha la sua musica.
Ognuno torni a fare il suo lavoro, per favore, di tuttologi non sentiamo proprio alcun bisogno e si ricominci a rischiare in proprio non più in conto terzi i ristori sono belli e che finiti.
foto di copertina da: www.enricoruggeri.me