“Rotta per l’aldilà” è il libero adattamento di Giuseppe Iacono, in forma di reading musicato, tratto dall’ultimo romanzo breve di Mark Twain prima della sua morte, dal titolo “Visite in paradiso e istruzioni per l’aldilà” in scena al Teatro Poli funzionale Ischia.
Il testo è basato sul vero racconto di un marinaio conosciuto nel 1866 durante un viaggio di Twain verso il Nicaragua e, così narra la leggenda, passato a miglior vita per un tempo sufficiente a dare un’occhiata a cosa succede lassù tra le nuvole e tornare a riferire.
Come nasce lo spettacolo?
“Stavo preparando un altro adattamento da Twain, il Soliloquio di Re Lopoldo, mi presi una pausa per leggere ‘Visite in paradiso’, istruzioni per l’aldilà, regalatomi da un’amica e avendo lasciato a se stesso Re Leopoldo, ho deciso in ultima istanza di dedicarmi alla stesura dello spettacolo di Twain. Perché colpito particolarmente colpito da questo testo che può essere realizzato in chiave di reading, e quindi l’approccio al testo risulta essere più immediato e diretto».
Brevemente come è strutturato lo spettacolo?
“Lo spettacolo è intitolato ‘ROTTA PER L’ALDILA” ed è l’adattamento in chiave di READING DINAMICO e MUSICALE tratto dall’ultimo romanzo breve di Mark Twain: ‘VISITE IN PARADISO ED ISTRUZIONI PER L’ALDILA”. Per quanto riguarda la rappresentazione vera e propria, saremo sul palco solo io: Giuseppe Iacono, alla voce e un chitarrista (FRANCESCO FALANGA) ed una splendida polena/leggio realizzata da Jean Manuel Martinez”.
Che rapporto c’è tra Giuseppe Iacono regista e il Mark Twain scrittore?
“Considerando che Twain è passato alla storia ed io non credo che mi occuperò di questo, ciò che mi accomuna a lui è sicuramente uno stile intriso di un certo sarcasmo e di un linguaggio che attinge dalla carta stampata, la cultura di massa, dai fumetti ad esempio; dallo sfogliare; non è un caso che il Capitano, Stormfield, sembra uscito da un fumetto di Segar, per intenderci l’autore di Popeye, le cui strisce furoreggiarono dagli anni ’40 sulle pagine dei quotidiani americani”.
Quanto hai impiegato per la realizzazione dello spettacolo?
“Il testo ha continuato a cambiare fino ad un mese fa, quindi un totale di tre mesi, tra adattamento, composizioni di musiche e prove, un arco temporale particolarmente dilatato”.
La scelta del country-blues, come caratterizzazione musicale, perché?
“Il protagonista critica l’imperialismo americano, di cui già si assaggiava una deriva all’inizio del ‘900, quindi metaforicamente il paradiso di cui si parla è l’America, generalizzando o specificando il tipo di americano cui è rivolta la critica”.
Dunque, la lettura di Re Leopoldo è stata fondamentale per la strutturazione e la scelta dell’opera che porti in scena?
“Già nel Soliloquio di Re Leopoldo, Twain si schiera contro la nobiltà e il colonialismo, stigmatizzando la figura che compie certe scelte etiche o comportamentali, analizzando i nuovi valori che l’America andava rappresentando, l’autore si trova a dover razionalizzare sul fatto che l’America stia progredendo, e stia assumendo una nuova conformazione morale. Spesso leggendo le opere di Twain, si ha l’impressione di non trovarsi nell’epoca nella quale l’opera stessa è stata redatta, e ci si sorprende di quanto il testo sia fortemente imperniato di caratteri e caratterizzazioni che vanno al di là della identità storica e/o culturale. Complessivamente l’opera presenta una forte analisi dell’America pionieristica, e sottolineando quella deriva imperialista che andava affermandosi e prendendo piede”.