L’Italia è ancora un Paese dove si possono ricordare battaglie civili memorabili: divorzio, aborto, quelli che sovvengono alla mente anche del più sprovveduto cittadino.
Oggi la musica è cambiata e il nostro paese è al centro sempre più di iniziative legislative bislacche che riportano la vita civile ad un medioevo anacronistico e fuori dal tempo.
La famosa Legge 40 di qualche anno fa ne è la riprova più tangibile e lampante: una legge sbeffeggiata in ordine e grado di giustizia che tanto ha fatto discutere fino a che la Corte non ne decretasse la palese anticostituzionalità.
Uno dei riverberi della mentalità sottesa alla citata legge era presente finora anche in materia di adozioni e specificatamente di adozioni da coppie gay che era ritenuta impossibile, fino a qualche giorno fa qualndo il Tribunale per i Minorenni di Roma ha riconosciuto l’adozione di una bimba che vive in una coppia di lesbiche, figlia biologica di una sola delle due conviventi.
Le due donne sono sposate all’estero ( e anche qui si è aperta in più comuni la possibilità di far convertire in unioni legali questi matrimoni trascritti alle anagrafi) è il primo caso in Italia di “stepchild adoption”.
Naturalmente, la bambina è stata concepita con procreazione assistita all’estero proprio in virtù della citata Legge 40 in vigore in Italia. La pratica dello “stepchild adoption” è già collaudata in molti Paesi Europei e Mondiali.
La rivoluzionarietà della decisione del Tribunale romano è duplice: da un lato sancisce ‘de facto’ l’applicazione del principio che l’adozione va fatta sempre nell’interesse del bambino/a e nel caso specifico l’interesse si confà ‘de jure’ con l’esistenza di una madre naturale in una famiglia, seppure essa ancora rritenuta atipica.