A Roma, nel cimitero Flaminio, c’è una zona, chiamata “Giardino degli Angeli”, dove su un verde prato pianeggiante, all’ombra dei pini, si ergono delle lapidi a forma di croce sulle quali sono scritti nomi di donne. Sotto quelle croci non riposano donne famose o uccise per motivi particolari, bensì i loro bambini abortiti. A scoprirlo, e soprattutto a denunciarlo via social, è stata una donna che qualche mese fa ha interrotto la sua gravidanza. La sua denuncia sui social ha fatto emergere, a Roma, una procedura che potremmo definire forzata di sepoltura dei feti.
La sepoltura forzata dei feti a Roma
Il Regolamento di Polizia Mortuaria, che si rifà a un Regio Decreto del 1939, prevede che, per i feti morti di età compresa tra le 20 e le 28 settimane di gestazione, l’Asl disponga la sepoltura. Su richiesta dei genitori, possono seguire la stessa procedura anche i feti al di sotto delle 20 settimane. Dunque, la sepoltura, che, fermo restando, è un gesto di carità e di civiltà, è garantita a tutti i feti e tutti i genitori possono farne richiesta. Per chi non vuole la sepoltura, come funziona? La donna che ha denunciato la vicenda ha
dichiarato che, dopo aver firmato tutti i documenti necessari, la questione esequie è stata affrontata verbalmente. Alla domanda espressa a voce se volesse la sepoltura per il suo feto ha risposto di no. Opzione, a quanto pare, non contemplata e il feto è passato di fatto sotto la responsabilità dell’Asl che ne ha autorizzato la sepoltura. Una volta giunta al cimitero, l’Ama (che gestisce i cimiteri) ha contrassegnato, come di prassi, la salma riportando i dati forniti dall’ospedale (cioè quelli della madre).
Il diritto e la fede
Dal 1939 a oggi nel nostro Paese sono cambiate un po’ di cose (o almeno così dovrebbe essere). Ci sono stati i movimenti femministi, le leggi sul divorzio e sull’aborto, il riconoscimento del diritto alla privacy, la libertà di culto ed è evidente come il regolamento di cui sopra abbia bisogno di essere adeguato per non creare sciatterie che offendono la sensibilità delle persone e violano i loro diritti. Nel vuoto normativo, poi, si inserisce di soppiatto, tutto un movimento che queste nuove norme non le ha mai digerite. Un movimento fatto di correnti politiche reazionarie che svuotano i consultori, non assicurano la presenza di medici non obiettori, e di associazioni cattoliche che in più di un’occasione si sono presi in carico i feti per assicurare loro una sepoltura con tanto di cerimonia religiosa. Per cui se si vuole davvero il cambiamento, bisogna pensare a 360° e non fermarsi mai.
La vergogna della croce
È inutile, e inopportuno, cercare ora parole misurate perché questa è una storia che fa male. Mettere i nomi delle mamme sulle tombe dei loro figli mai nati ha qualcosa di reale solo nella rappresentazione del dolore delle donne che in queste circostanze muoiono anche loro un po’. Qualunque sia il motivo per il quale hanno scelto di interrompere la loro gravidanza. L’effetto che si riceve, però, è quello di un’onta da lavare con la più terribile delle punizioni: la crocifissione. Così come avvenne 2000 anni fa per un altra illustre vittima, la più innocente delle innocenti. Colui che ha sacrificato la sua vita per l’umanità e in nome del quale si vuole far passare certi gesti per atti di carità.