Il nostro viaggio alla riscoperta di Kapuscinski continua, e anche questa volta (articolo precedente) proviamo ad addentrarci un po’ di più nell’attività quotidiana del giornalista per capire quali sono, secondo il reporter polacco, alcune delle cose fondamentali che il buon giornalista deve sapere.
La paura
Il vero corrispondente è uno che non ha paura, diceva Kapuscinski. Non ha paura di contrarre malattie, di bere acqua non potabile, di essere derubato, sparato, picchiato. Chi intraprende questo mestiere deve sapere che è un lavoro senza orari, è un mestiere che prende non solo tutta la giornata, ma fatto in un certo modo, prende tutta la vita. Durante l’intervista condotta da Maria Nadotti nel novembre del 1999, Kapuscinski parla dell’attività del giornalista e del corrispondente, spiegando che, secondo lui, questo lavoro si può fare a due diversi livelli. Quello più basso, artigianale e che accomuna la maggior parte dei giornalisti, e quello più creativo e passionale nel quale ci si mette l’anima. L’anima significa che ci dedichi tutto il tempo necessario senza risparmiarti. Anima significa che ci metti dentro una spruzzata della tua vita con le tue ambizioni e le tue passioni. E questo tipo di attività non la fai perché l’hai imparata a scuola o all’università. Non replichi nozioni apprese con lo studio e non utilizzi strumenti già usati per dare vita alla tua creazione come si fa in tanti mestieri comuni. Il tuo articolo è vita, è una creatura che alimenti ogni giorno con profondo sacrificio, tanto studio e continuo aggiornamento.
Bisogna imparare a documentarsi
Nei primi anni della sua attività di giornalista, Kapuscinki si ritrovò a fare il corrispondente in paesi e posti che non avrebbe mai immaginato di raggiungere. In quelle circostanze si rese conto di quanto fosse solo e di quanto fosse facile lasciarsi prendere dal panico e cadere in depressione. Non conosceva la lingua del posto, e non poteva comunicare; non conosceva usi e costumi, non avere idea di dove andare, perché non conosceva la città. In questa condizione, non avrebbe neanche saputo cosa raccontare alla redazione in patria. Capì ben presto e a proprie spese, che prima di intraprendere un viaggio o anche durante, ci si deve documentare. Kapuscinki sosteneva (e come dargli torto) che per conoscere a fondo un luogo, per capirne la cultura, la gente e lo scaturirsi di determinati eventi, bisogna leggere il più possibile. Ad un certo punto della sua vita Kapuscinki intuì che, lo studio delle mappe, le fotografie, la lettura e l’osservazione delle immagini di un determinato luogo, gli permettevano di viaggiare più volte nello stesso posto senza necessariamente spostarsi fisicamente. Se ci pensiamo è verissimo. Spesso durante un viaggio, un po’ per la fretta, un po’ per la necessità di vedere il più possibile in tempi brevi, ci perdiamo molte cose. A chi non è capitato di vedere un’ immagine, un video, una foto o leggere qualcosa attinente ad un viaggio fatto in passato e scoprire che di quel monumento, di quella chiesa o di quel paesaggio in realtà ci erano sfuggite tantissime cose? Ogni qualvolta si apprende un elemento nuovo, il nostro punto di vista è suscettibile di cambiamenti, ci arricchiamo, cresciamo, aggiungiamo un mattoncino in più alla nostra conoscenza. E questo, secondo Kapuscinki, ci permette di vedere uno stesso luogo con occhi diversi, consentendoci così di prolungare viaggio o di ripeterlo tutte le volte che vogliamo. Ciò consentiva a Kapuscinki di arricchire i suoi reportage a caldo con sfumature a freddo.
La penna di un giornalista e di un reporter non si ferma mai. Kapuscinki si rese conto che nei suoi taccuini di viaggio restava un materiale sorprendentemente ricco che non veniva veicolato alla sua redazione. Questo materiale poteva essere riutilizzato e arricchito grazie ai ricordi risvegliati anche ex post da nuove letture e foto effettuate durante i suoi innumerevoli viaggi. Questo ricchissimo materiale è stato l’humus dei suoi libri, croce e delizia della sua vita. Croce, perché molti suoi contemporanei lo criticavano, definendolo un romanziere e un letterato piuttosto che un vero reporter: i suoi erano considerati reportage romanzati.
Vero o falso? Per riprendere le parole di Maria Nadotti, diremo che Kapuscinki è stato – “autore di memorabili opere di storia contemporanea a cavallo tra reportage giornalistico e grande letteratura, da Il Negus…e Le Shah…o ancora Another Day of Life” fino ad Imperium che gli consacrò la fama nel nostro paese.
Il nostro viaggio alla riscoperta di Kapuscinki continua.
articolo presente in www.sguardoadest.it