Una rivista del 900 tra le più importanti e in grado di lasciare un’impronta così indelebile è senza dubbio “La Voce“. Fondata nel 1908 da Giuseppe Prezzolini, questa rivista rappresentava una piattaforma per l’espressione libera e il confronto di idee in un’epoca segnata da cambiamenti politici, sociali e culturali tumultuosi. Il suo impatto non si limitò solo al suo periodo di pubblicazione, ma continuò a permeare il tessuto della società italiana anche dopo la sua chiusura.
Rivista 900: come nacque “La Voce”
Nel cuore del fermento culturale italiano, “La Voce” sorse come una risposta alle esigenze del tempo. La sua fondazione si staglia come un atto di coraggio e ribellione contro le restrizioni politiche e intellettuali che affliggevano l’Italia di allora. Prezzolini e i suoi collaboratori abbracciarono l’idea di una rivista che sarebbe stata una voce libera e indipendente, non soggetta alle pressioni politiche o ai dogmi ideologici.
“La Voce” divenne rapidamente un punto di riferimento per alcuni dei più brillanti intellettuali italiani del tempo. Con contributi da parte di figure come Giovanni Papini, Luigi Einaudi, Piero Gobetti e altri ancora, la rivista offriva un palcoscenico per il dibattito su una vasta gamma di temi, dall’arte alla politica, dalla filosofia alla letteratura. Questi pensatori illuminati trasformarono la rivista in un crocevia di idee e opinioni, dando vita a una fervente comunità intellettuale.
La battaglia per il rinnovamento
L’impegno della rivista si orientò prevalentemente verso un rinnovamento della società in tutti i suoi aspetti, da quello artistico e culturale a quello politico. L’idea principe era che l’intellettuale non dovesse essere isolato nel suo mondo ma avere anche un impegno civile e politico. La rivista affrontò temi importanti come il ruolo dell’intellettuale nella società, la scuola e la questione meridionale. I letterati che gravitavano intorno alla rivista auspicavano a un rinnovamento anche della classe politica.
Temi come la Campagna di Libia, invece, fecero emergere profonde divergenze tra i diversi intellettuali. In un numero speciale curato da Prezzolini e Salvemini, dal titolo “Perché non si deve andare a Tripoli”, la rivista promosse una riflessione sulla questione scorgendone un grosso impegno economico. Con l’approssimarsi dell’inizio della campagna, Amendola pubblicò un articolo in cui appoggiò l’iniziativa del governo.
Oberata anche da pressioni esterne, la rivista non superò questo banco di prova e nel 1916 cessò le pubblicazioni. Tuttavia, il suo impatto durò ben oltre la sua esistenza fisica. Il suo spirito di libertà e impegno per la verità continuò a vivere attraverso le opere dei suoi collaboratori e il ricordo indelebile che lasciò nella storia del giornalismo italiano.
Il suo dono al XX secolo
“La Voce” è stata molto più di una semplice rivista. È stata una voce audace e coraggiosa che ha sfidato le convenzioni e ha difeso i principi fondamentali della democrazia e della libertà. Il suo contributo alla cultura italiana e al giornalismo non può essere sottovalutato. In un’epoca in cui la libertà di stampa e di espressione è ancora minacciata in molte parti del mondo, le lezioni apprese da “La Voce” rimangono più rilevanti che mai.
In copertina foto di alex dutemps da Pixabay