Antichi riti giapponesi che cambiano: quest’anno per la prima volta nella storia, le donne saranno ammesse al Festival dell’uomo nudo. Un rituale di purificazione antichissimo che si svolge ogni anno in diverse città del Paese. Scopriamo il perché di questo cambio di passo che solo qualche anno fa sarebbe stato impensabile.
Riti giapponesi: cos’è il festival dell’uomo nudo
Il Festival dell’uomo nudo, Hadaka Matsuri, si svolge il tredicesimo giorno del calendario lunare in diverse città del Giappone. Similmente alla Pasqua cristiana, ha una data diversa ogni anno; quest’anno si svolgerà il 22 febbraio. Antico rito shintoista, secondo alcune fonti risalirebbe al periodo Nara e sarebbe stato introdotto come strumento contro le pestilenze; riunisce ogni anno migliaia di uomini provenienti da tutto il mondo.
I partecipanti indossano il fundoshi, il tipico perizoma giapponese (lo stesso indossato dai lottatori di sumo, per intenderci), i tabi, i tradizionali calzini che separano l’alluce dalle altre dita del piede, e la hachimaki, ovvero la bandana. In alcune città gli uomini che partecipano al rito possono completare l’abbigliamento con una giacca mentre in altre gli uomini sono completamente nudi.
L’uomo più fortunato del mondo
Il rituale segue schemi che possono variare da città a città. A Okayama, dove il rito ha avuto origine, gli uomini si recano presso il tempio Saidaiji Kannonin, a pochi chilometri dalla città. Qui compiono diversi giri di corsa per riscaldarsi prima di recarsi nella zona Koritoriba de tempio per fare il bagno in acqua gelata. Il rituale prosegue cercando afferrare uno dei ramoscelli gettati dal sacerdote locale da una finestra posta a 4 metri di altezza. Tra questi si nascondono due shingi, vale a dure due ramoscelli lunghi solo 20 centimetri. Secondo la tradizione gli uomini che riusciranno a coglierli al volo saranno i più fortunati dell’anno.
In alcune città segue anche il rito della naoizasa, che consiste nel portare in processione un grosso fusto di bambù decorato con nastri colorati.
Il momento clou del rito è il momiai, una sorta di processione con l’uomo nudo. Un uomo, completamente nudo il quale, dopo aver trascorso alcuni giorni in isolamento a pregare, viene portato in processione, appunto, tra le migliaia di uomini che cercano di toccarlo per trasferire su di lui la propria sfortuna. E’ un momento, questo, di grande confusione e concitazione dove non mancano anche ferimenti dovuti alla calca, la furia degli uomini. Alcuni di essi, infatti, per riscaldarsi, bevono grandi quantità di alcol.
Le donne ammesse al rito
Come si intuisce, il rito è appannaggio esclusivo degli uomini. Quest’anno, però, per la prima volta, sarà ammesso anche anche un gruppo di donne. 40 donne che ne hanno fatto richiesta lo scorso novembre. Finora vi aveva partecipato solo qualche donna singolarmente, stavolta sarà un gruppo organizzato che dovrà seguire delle regole.
Potranno, cioè, partecipare alla naoizasa insieme agli uomini ma dovranno essere completamente vestite. Non potranno, invece, partecipare al momiai, considerata, evidentemente, troppo pericolosa.
Per quale motivo una tradizione così antica sta cambiando per aprirsi alle donne? Parità di genere? A rischio di deludere le più accanite femministe dobbiamo rispondere di no. Il Giappone sta vivendo anch’esso un momento di forte calo delle nascite. La popolazione maschile si sta dunque riducendo e vietare la presenza delle donne potrebbe mettere a rischio la continuazione di una tradizione che in alcuni luoghi del Paese è ultra millenaria. Le donne che sono state ammesse a partecipare al rito, però, non sembrano irritate da questa contingenza: per loro è un sogno che si avvera.