Filosofi come Hume, Kant, Schopenhauer sostenevano che della realtà possiamo avere solo un’opinione, un’immagine puramente soggettiva. Vivere una certa realtà equivale dunque a filtrarla attraverso le nostre “categorie”, che però non significa saperla interpretare correttamente. Molti nostri atteggiamenti non fluiscono in maniera naturale come risposta ai nostri pensieri, ma spesso si traducono in meccanicismi, per puro adattamento sociale, per la nostra educazione pregressa, per il desiderio di conformismo. Gli stessi nostri pensieri spesso sono automatici, prescindono dunque da qualsiasi forma di riflessione e ragionamento. Da ciò scaturisce la discrepanza tra quello che vorremmo fare e quello che invece facciamo, tra quello che ci aspetteremmo e quello che è. Un contrasto che può portare a disturbi emozionali e comportamentali. Imparare a riconoscere e a modificare i pensieri che ci impediscono di raggiungere e mantenere un benessere duraturo dovrebbe essere nelle priorità di ognuno di noi.
Ma è possibile operare un cambiamento significativo dei propri pensieri, e di conseguenza delle emozioni e dei comportamenti? La ristrutturazione cognitiva dice di sì. Per Watzlawick, il più eminente studioso della pragmatica della comunicazione umana e delle teorie del cambiamento, “ristrutturare” significava “cambiare lo sfondo o la visione concettuale e/o emozionale in relazione a cui è esperita una situazione, ponendola entro un’altra cornice che si adatta, ugualmente bene o perfino meglio, ai ‘fatti’ della medesima situazione concreta, cambiando così completamente il suo significato”. Le emozioni sono in pratica determinate dalle “cognizioni” ed è su queste che bisogna agire per modificare le dinamiche emozionali: riprogrammare in qualche modo il cervello, sì da rendere tutti i processi mentali costruttivi e non distruttivi. Acquisendo l’abilità di dialogare con la parte più profonda di noi, diventiamo capaci di eliminare tutte le distorsioni cognitive, a non ragionare in termini di “tutto giusto” o “tutto sbagliato”, a non procedere dunque per assoluti e a non soccombere al catastrofismo.
La ristrutturazione cognitiva non ha però lo scopo di sostituire i pensieri negativi con quelli positivi, bensì con quelli più aderenti alla realtà. Questo ci permette di vedere sotto una prospettiva realistica e razionale tutto ciò che è disfunzionale e crea dunque disagio e sofferenza, allontanando dagli obiettivi e reiterandosi nonostante la loro inefficacia. Vivere consapevolmente implica il migliore allineamento possibile con la realtà. Quando una persona decide di lasciare il controllo alle emozioni, il sentimento che finisce per provare di più è l’ansia. Mantenere il contatto con se stessi e parallelamente con il mondo esterno è una porta su una vita che non sia in balia delle contingenze, che sono per natura diverse ogni giorno e dunque tendenzialmente destabilizzanti.