Che pericoli virali corre, oggi, la cittadinanza campana?
Esiste la possibilità che la drammatica situazione legata ai rifiuti porti alla formazione di epidemie in Campania e nella provincia napoletana? Ne abbiamo parlato con il prof. Giulio Tarro, virologo.
Professore, come valuta la situazione sanitaria della Campania alla luce dell’emergenza rifiuti?
Il problema sanitario in Campania è legato soprattutto agli aspetti innanzitutto infettivologici, perché sappiamo da sempre che esiste questo binomio inscindibile tra rifiuti e malattie infettive, tra spazzatura e possibilità di infezioni, anche in base a quanto riguarda l’aumento della popolazione dei topi: aumentati a Londra, figuriamoci a Napoli dopo l’esplosione dell’emergenza. Poi, il problema è legato ad un altro aspetto, importante e da considerare più a lungo termine, inerente alle malattie oncologiche. Già sappiamo da dati, offerti da uno studio della Sanità , della Protezione Civile e dell’ARSan (Agenzia Regionale Sanitaria), che queste malattie sono aumentate in Campania del 10 – 11% rispetto alla media nazionale. E direi che questo è un aspetto che merita un’attenzione particolare. Si presume che tali aumenti siano legati sia alle diossine, sostanze certamente cancerogene, checché se ne dica, che, probabilmente, al problema delle nanoparticelle.
Si paventa il rischio di epidemie: cosa c’è di vero?
L’emergenza, per il momento, sta avendo luogo in inverno. Ma, dal momento che si tratta di una situazione di emergenza che dura, ormai, da quindici anni, è chiaro che ci potrebbero essere problemi legati all’aumento delle temperature. Eventuali malattie potrebbero scatenarsi sia per l’aumento dei ratti che per il caldo, miglior terreno di qualsiasi agente infettivo, virus, battere o fungo che sia. Quindi, la temperatura più alta rappresenterebbe un incentivo. In particolare, è stato portato a compimento e pubblicato da una società americana di microbiomicrobiologia uno studio, in collaborazione con un’industria infettivologa di Barcellona, che poi è una città molto simile a Napoli sotto vari aspetti, che ha messo in risalto queste correlazioni. Per ora, le temperature sono ancora fredde, ma se non si risolve in tempo la situazione andremo incontro a situazioni di emergenza.
E’ un dato preoccupante, dunque, l’aumento della popolazione dei ratti, ancor di più se legato ai montoni di spazzatura abbandonati sulle strade?
Certamente, come testimonia anche il fatto che tale aumento non si è avuto soltanto nei quartieri più degradati, ma anche in zone come il Vomero, Posillipo, Chiaia e Fuorigrotta. Il rapporto uomo- ratto è aumentato, negli ultimi anni, da 7 a 1 a 25 a 1 nella città di Napoli. A Londra, nel 2006, le malattie infettive sono aumentate dell’8%, ed i ratti sono portatori di molte malattie di questo tipo, tra cui anche la leptospirosi.
Che tipologia di malattie potrebbero portare con sé?
Non siamo nell’ambito delle malattie “storiche†come la peste o il colera e, probabilmente, nemmeno gravi e particolari malattie respiratorie. Si parla, piuttosto, di gastroenteriti, ci potrebbe essere, come c’è stato la scorsa estate, un aumento delle epatiti di tipo A, dal ciclo orofecale, con tutto quello che comportano l’aumento dei rifiuti e i fenomeni ad esso legati. In più, sarebbe da studiare, in connessione con le immigrazioni, anche l’epatite E, molto simile all’epatite A.
Che conseguenze porterebbero con sé queste malattie, da un punto di vista sintomatologico?
A livello di epatite, c’è, innanzitutto, una lunga incubazione, da alcune settimane a mesi. Una volta che si presentano i sintomi, sono abbastanza riconoscibili, a cominciare dall’ittero, ad esempio, che rappresenta un sintomo cosiddetto “patognomonicoâ€. Poi si manifestano una serie di astenie, gastroenteriti, che sono da collegare alla salmonellosi, il livello infettivologico più frequente e, certamente, anche più trattabile.
La profonda urbanizzazione della provincia costituisce un pericolo ulteriore?
Concentrerei questo tipo di considerazione soprattutto sugli aspetti oncologici. La prassi di bruciare i rifiuti, indipendentemente dagli inceneritori, finora assenti in Campania, porta con sé le diossine, che tra l’altro sono anche liposolubili, con un conseguente aumento delle patologie oncologiche e anche delle malformazioni congenite, soprattutto per quanto riguarda la zona di Acerra. Lo si è visto, a livello sperimentale e di osservazione, sulle pecore, e sui volontari a livello dei dosaggi ematologici. Questi studi hanno portato anche a pubblicazioni su importanti riviste come “Lancet Oncologyâ€: esiste un triangolo, cosiddetto “della morteâ€, tra Acerra, Nola e Marigliano, e tutto ciò ha comportato anche considerazioni più precise per quel che riguarda patologie oncologiche di fegato e vie biliari. C’è stato un aumento dell’incidenza soprattutto per quanto riguarda le donne almeno di tre volte superiore alla norma. Tutto, ripeto, è stato corroborato da pubblicazioni scientifiche pubblicate. Per quanto riguarda le gastroenteriti, invece, questa estate c’è stata sicuramente un’impennata, anche se io non condivido l’idea di un inquinamento tossico della catena alimentare.
Bisogna tenere presente che, proprio perché si parla di questa quindicennale emergenza, abbiamo qui un degrado di base. Quando ci fu il problema del colera a Napoli definì il vibrione come un fiammifero gettato in un terreno infiammabile. Il problema era a monte, c’era gente che veniva a Napoli negli anni ‘80 e si vedeva piovere dal cielo i famosi sacchetti di plastica della spazzatura buttati dalla finestra. Anche negli anni ’90 ci sono state una serie di situazioni legate sempre alla spazzatura. Non conosco precisamente le stime sulle conseguenze virali di quegli anni ma, ripeto c’è un binomio inscindibile tra rifiuti e malattie infettive, per cui ritengo scontata la presenza di malattie.
Quale deve essere il compito delle istituzioni di fronte alla vicenda cui stiamo assistendo?
Semplicemente muoversi nella direzione della prevenzione a livello globale, per così dire. A monte bisogna procedere verso la riduzione dei rifiuti, che fa parte della “civicità â€: noi parliamo sempre di civiltà , ma cui dimentichiamo che, se siamo al primo posto in quanto civiltà , siamo ancora arretrati per quanto riguarda la “civicità â€. Oltre a ridurre i rifiuti, dobbiamo, poi, promuovere la differenziata, che porterà , piuttosto che agli inceneritori, a dei meccanismi biologici di smaltimento più adeguati.
E quello della popolazione?
Rispettare le norme igieniche elementari, a partire dal lavarsi le mani. Ugualmente, se si dovessi continuare ad avere questi cumuli di spazzatura per le strade, sarà bene munirsi di una bella mascherina, tornando ai tempi della SARS.
Senza creare allarmismi, crede che dobbiamo preoccuparci di ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane?
Se dovessimo arrivare, per esempio, a maggio in questa situazione, bisognerà preoccuparsi. A maggio scorso risposi, a chi mi chiese quali fossero i tempi giusti di intervento, “ieriâ€, come a dire che già siamo in ritardi sulle tempistiche adeguate.
Il professor Tarro, dunque, ha precisato che rischi “antichiâ€, quali peste e colera, dovrebbero essere, al momento, scongiurati. Certo, la situazione resta ancora complessa, non soltanto per le probabili malattie gastrointestinali e per le epatiti, ma per l’incidenza oncologica che l’emergenza sta portando con sé e, se dovesse perpetuarsi lo stato di crisi fino all’arrivo dei primi caldi, la situazione potrebbe farsi molto difficile.