Il colosso elettronico sudcoreano ha messo fine a una controversia legale che è durata anni raggiungendo un “accordo definitivo” con i rappresentanti dei dipendenti che hanno contratto il cancro nelle sue fabbriche di semiconduttori. L’accordo prevede anche di migliorare le condizioni sanitarie e la sicurezza in tutte le fabbriche. Secondo gli avvocati diversi operai degli stabilimenti, precisamente 224 lavoratori, si sono ammalati di leucemia e di altre malattie incurabili ed alcuni di essi, 87 per la precisione, sono morti.
I casi sono stati raccolti in due documentari realizzati per volere di alcuni dei dipendenti malati: tra questi c’è anche la storia di Han Hye-kyung che quando finì il liceo e ricevette un’offerta di lavoro in Samsung, la sua famiglia festeggiò l’evento con un barbecue. Ma nel giro di due anni, le sparirono le mestruazioni. Poi smise di camminare dritta. Poi i dottori le trovarono un tumore al cervello.
Han Hye-kyung e la sua famiglia sono convinti che la malattia sia causata dalle tossine di una fabbrica del colosso del tech sudcoreano. Oppure quello di Hwang Sang-ki, che racconta di come sua figlia sia morta nel 2007 dopo aver lavorato quattro anni uno stabilimento di microchip Samsung di Giheung, a contatto, racconta l’uomo, con sostanze chimiche pericolose che avrebbero causato, o quanto meno aggravato, la sua malattia.
Per anni, Samsung ha respinto qualsiasi collegamento con il cancro dei suoi dipendenti e solo di recente la storia è venuta alla ribalta anche grazie a un film denuncia sulle condizioni di lavoro in Corea del Sud realizzato grazie al crowdfunding (il finanziamento online) e dal titolo «Another Promise». Le persone coinvolte negli ultimi sette anni, lavoravano quasi tutti nell’impianto di Giheung, a 30 chilometri da Seoul, dove la maggior parte degli operai sono di sesso femminile e dove vengono prodotti semiconduttori e cristalli liquidi.
Il colosso sud coreano è stato costretto a chiedere pubblicamente scusa, con una conferenza stampa trasmessa sulla tv nazionale, per la «mancanza di attenzione» nei confronti del dolore e delle malattie che hanno colpito i suoi ex dipendenti. Samsung si è spinta anche oltre promettendo compensi per le famiglie delle vittime ma, allo stesso tempo, non assumendosi responsabilità dirette.
Banolim, una delle associazioni delle vittime, ha tuttavia ritenuto che la questione non è stata risolta, contrariamente a quanto detto da un portavoce della società. Samsung è conosciuta a livello per i suoi smartphone e tablet, ma in Corea del Sud la sua influenza è ancora più ampia: il colosso vende anche assicurazioni, costruisce immobili e rappresenta un quinto del Pil nazionale. Negli ultimi anni anche Apple e altri colossi della tecnologia sono finita nel mirino per le terribili condizioni di lavoro degli operai alla Foxconn.