Ricchezza e povertà in Italia: gli ultimi dati Istat scattano una fotografia a tinte fosche per il nostro Paese. I numeri confermano lo stallo in una situazione di povertà attestata sui massimi storici. L’inflazione gioca un ruolo fondamentale e frena i consumi delle famiglie. L’incidenza è maggiore al Sud si e le famiglie più colpite sono quelle con più figli.
Povertà relativa e assoluta
Prima di passare in rassegna i numeri forniti dall’ISTAT, ricordiamo cosa significano le espressioni povertà assoluta e povertà relativa e come si calcolano le cosiddette soglie di povertà.
Il concetto di povertà assoluta è legato a due idee fondamentali: la sopravvivenza e il minimo accettabile. Le persone appartenenti alla fascia di povertà assoluta, quindi, mancano delle risorse necessarie per assicurarsi la sopravvivenza. Il parametro del minimo accettabile sale di un gradino e dipende dal contesto di riferimento. L’idea è legata a tutti quei bisogni primari che sono l’alimentazione, il vestiario, l’alloggio, la salute, l’igiene che rappresentano il minimo per una vita dignitosa. Di tanto in tanto sono inclusi in questi parametri anche le relazioni umane. Per calcolare la soglia di povertà di un individuo si fa un mero calcolo, che non sempre è esplicativo, di quanto occorre per soddisfare i bisogni considerati primari. Chi ha disponibilità inferiori entra nella fascia di povertà assoluta.
La povertà relativa dipende, invece, dagli standard di vita della comunità di riferimento. Per povertà si intende, quindi, l’impossibilità di procurarsi i beni e i servizi di cui può godere una determinata area geografica. Il livello di povertà relativa è calcolato in base al reddito medio.
Ricchezza e povertà in Italia: i dati Istat
L’ultimo rapporto Istat ci dice che le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta sono 1,9 milioni (7,5%) per un totale di 5,6 milioni di persone (9,4%). Valori che non si discostano da quelli registrati nell’anno precedente, il 2020, che ha dato inizio alla pandemia. Questi valori, lo ricordiamo, rappresentano i massimi storici. I motivi di questa stabilità dei livelli di povertà sono da ricercare nel rapporto tra la spesa per consumi delle famiglie meno abbienti e l’inflazione. La prima non è riuscita a compensare la seconda.
Il 42,2% delle famiglie povere risiede al Sud contro il 42,6% che invece risiede al Nord. L’incidenza delle famiglie più povere, invece, al Mezzogiorno sale (dal 9,4% del 2020 al 10% del 2021) e diminuisce al Nord (da 7,6% a 6,7%). Per quanto riguarda il dato anagrafico 1,4 milioni di persone povere sono minori; 1,86mila sono giovani della fascia d’età dai 18 ai 34 anni. 2,361 milioni sono adulti di età compresa tra i 35 e i 64 anni, 743mila sono invece gli over 65.
Studio e lavoro
Il livello di povertà scende nelle famiglie nelle quali l’adulto di riferimento ha conseguito almeno un diploma di scuola superiore (3%) mentre se il titolo di studio è la licenza media l’incidenza sale all’11,0%. Le famiglie più colpite dalla povertà sono quelle in cui il familiare occupato ha risentito della crisi generata dalla pandemia. Nel 2021 la povertà assoluta ha colpito 1,382mila bambini. Le famiglie in povertà assoluta con minori sono 762mila. L’incidenza della povertà assoluta sale col crescere del numero dei figli: 6,0% per le famiglie con un 1 figlio minore, 11,1% per le famiglie con due minori, 20,4% per le famiglie con tre o più minori.
In copertina foto di Nattanan Kanchanaprat da Pixabay