Prende il via REWILD, un progetto sociale e artistico dedicato ai temi del Climate Change che, nel corso di un anno, racconterà una storia suddivisa in sei capitoli attraverso altrettante installazioni artistiche. Sei differenti temi su cui un artista o un gruppo di artisti sarà chiamato ogni volta a creare una propria sintesi estetica in uno scambio fluido e immersivo fra composizione figurativa e plastica e digital art.
Rewild: l’idea
L’idea di REWILD è nata attraverso lo scambio di idee ed esperienze di cinque distinte personalità e professionalità che hanno dato vita al collettivo The Curators Milan, formato dal regista e fotografo Frankie Caradonna, dal regista Tomaso Cariboni, dall’artista Lucia Emanuela Curzi, dal gallerista Stefano Gagliardi e dal founder di Bonsaininja Dario Spinelli, con la collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
L’obiettivo di The Curators Milan attraverso REWILD è far riflettere sul concetto di empatia attraverso cui si può stimolare la salvaguardia della biodiversità del pianeta e con essa la nostra stessa esistenza.
Il progetto, che coinvolge professionisti e creativi di diversi settori dalle fine arts & crafts alle digital arts & technologies, in un momento storico che vede la pandemia e le sue conseguenze sanitarie, morali, sociali ed economiche dominare la scena e la comunicazione a livello mondiale, vuole essere volano di resilienza sociale e culturale.
REWILD mutua il suo nome dal concetto di rewilding, termine apparso negli anni ’90 in riferimento alla protezione e reintroduzione di predatori e piante autoctone, creazione di no fishing zones, e in generale a tutti quei processi e progetti volti alla conservazione, al ripristino degli ecosistemi originari e al contrasto alla perdita di biodiversità.
REWILD infatti è un concept olistico e collaborativo, che ha l’ambizione di produrre una rinnovata energia, favorendo la genesi di un movimento artistico e sociale basato sull’inevitabile ricerca di un nuovo equilibrio.
Quartier generale del progetto è la Galleria d’Arte il Vicolo a Milano che si trasformerà in una TAAZ (Temporary Autonomous Artistic Zone), in cui gli artisti coinvolti saranno chiamati a creare insieme una esperienza che sia al contempo installazione fisica – intesa come esposizione di manufatti artistici – e movimento – inteso come pensiero collettivo e multisensoriale che rifletta sul concetto di empatia. Quindi gli eventi saranno fruibili sia dal vivo ma anche attraverso una piattaforma virtuale www.thecuratorsmilan.com.
Il primo dei sei appuntamenti, che prenderà il via il 19 gennaio 2021, si intitola PROLOGUE: DIATOMS IN THE MULTIVERSE, un vero e proprio antefatto il cui focus narrativo è rappresentato dalla Diatomea.
Che cosa una diatomea e perché è stata scelta come primo soggetto tematico da REWILD?
Ogni tre respiri dell’essere umano, uno e mezzo lo si deve alle diatomee: organismi unicellulari unici, alghe che vivono in una casa di vetro e silicio, fitoplancton alla base della catena alimentare della fauna marina. Inspirando anidride carbonica ed espirando ossigeno le diatomee sono responsabili del 50% di tutto l’ossigeno necessario all’equilibrio biochimico del pianeta. I loro scheletri dal deserto viaggiano sui venti transoceanici fino in Amazzonia e una volta lì la nutrono e fertilizzano. Le diatomee sono destinate alla scomparsa a causa dell’acidificazione e surriscaldamento degli oceani con potenziali conseguenze catastrofiche per l’essere umano.
“Trattieni il fiato: ecco il mondo senza diatomee. Con Rewild portiamo a Milano non solo un nuovo dialogo fra arti scultoree e digitali che riflette sul ruolo dell’empatia, ma un movimento che spezza la visione antropocentrica dell’Universo“, spiega Frankie Caradonna, Co-Founder di The CURATORS MILAN.
Il collettivo di creativi ha lavorato sull’analogia tra l’evocazione plateale di un fantasma ad opera di un illusionista della fine dell’Ottocento e l’evocazione del fantasma delle diatomee, utilizzando l’evoluzione di una tecnica ologrammatica in uso nel diciannovesimo secolo.
È stato coinvolto l’artista Ludovico Bomben e in particolare la sua opera Dardo, una scultura in ferro che rappresenta proprio una freccia tesa in equilibrio che punta verso l’ologramma di una Diatomea, rivelandone tanto la fragile microscopica presenza quanto la determinante importanza. L’installazione diventa così un dialogo tra l’opera fisica di Bomben e una scultura 3D, tra reale e virtuale, mostrando la visione intermittente di un’evanescenza da fruire non solo attraverso la vista, ma anche i suoni.
La tecnica utilizzata per l’installazione rappresenta essa stessa un punto di equilibrio, in questo caso non tra uomo e natura, ma tra passato e presente. Da una parte la creazione di un ologramma, elemento che nasce attraverso l’animazione 3D, parla di modernità e digitale. Ma il tutto acquisisce la sua eterea sostanza attraverso una tecnica antica, quella del “fantasma di Pepper”, già utilizzata dagli illusionisti nell’ 800. In questo caso però la superficie riflettente che proietta l’immagine nello spazio non viene nascosta, bensì svelata, come una finestra attraverso cui possiamo vedere una realtà diversa.
Una vera e propria esperienza immersiva e sinestetica da esperire con tutti i sensi, che vuole provocare un corto circuito, un cambio di prospettiva che attraverso l’empatia può portare a un cambiamento epocale.