Martedì sera la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la legge che in parte modifica e sostituisce la legge Vassalli del 1988 sulla responsabilità civile dei giudici, voluta quasi trent’anni fa da Radicali e socialisti che si adoperarono, nell’87, con un referendum.
In tutta la giornata di mercoledì si è discusso molto di questa nuova norma. Gli oppositori (i Cinque Stelle in parlamento e i magistrati fuori) stanno facendo leva sul fatto che l’abolizione del filtro, ossia lo strumento con il quale, previsto dalla legge del 1988, ogni ricorso contro una sentenza doveva essere prima esaminato dalla Corte d’Appello territoriale prima di essere accolto o respinto definitivamente, produrrà una quantità enorme di ricorsi che rallenterà il già grande lavoro della magistratura. Ma non solo.
Ciò che preoccupa molto l’ANM è il «travisamento» che rientra nella casistica delle colpe gravi di un magistrato in caso di errore. In pratica, rientra nelle gravi colpe di un magistrato la negazione di un fatto evidente o l’affermazione di un fatto inesistente, la violazione manifesta della legge e del diritto comunitario e il travisamento del fatto o delle prove. Quel «travisamento» all’Associazione Nazionale Magistrati non sta proprio bene perché è una formula troppo generica che rischia di far rientrare anche l’attività primaria di un magistrato, ossia l’interpretazione e l’applicazione delle leggi, ma soprattutto l’interpretazione.
Oggi un’interpretazione può essere corretta in un altro grado di giudizio (ricordando comunque che un altro grado è una altro processo nel quale, quindi, si possono fornire nuove prove, testimonianze e perizie e dunque una sentenza diversa dalla precedente può essere frutto di questi nuovi elementi e non per correggere un’errata interpretazione del giudice del grado precedente), dunque il timore è che la poco specificità con la parola travisamento possa esporre i magistrati a ogni sorta di impugnazioni, in più con l’eliminazione del filtro.