La cronaca di questi giorni porta all’attenzione del popolo italiano casi di amministrazione abnorbe del denaro pubblico negli enti regionali. Le motivazioni vanno ricercate in profondità e con i dati alla mano si può notare come il trend delle spese nell’ultimo decennio sia schizzato di quasi il 75% in più. Da un lato più funzioni hanno significato più spese e dall’altro il pozzo senza fondo della sanità ha ingoiato buona parte delle spese con il risultato di avere un servizio mediocre e lo scadimento di tutte le altre funzioni regionali
Secondo la Cgia di Mestre, nell’ultimo decennio le Regioni italiane hanno speso 89 miliardi di euro in più. Di questi, oltre la metà sono stati ”assorbiti” dalla sanità (49,1 mld di euro). A fronte di un aumento dell’inflazione che nel periodo preso in esame ha toccato il 23,9%, la crescita della spesa è stata del 74,6%. Nel 2010 (ultimo dato disponibile riferito ai bilanci di previsione) le uscite complessive delle Regioni hanno superato i 208,4 miliardi di euro. Questi risultati emergono da una analisi dei bilanci regionali condotta dall’Ufficio studi della Confederazione mestrina che, in una fase in cui molte Amministrazioni sono finite nell’occhio del ciclone per aver compiuto delle spese ”non giustificate”, ha voluto invece porre l’attenzione sull’importanza di questa istituzione, analizzandone l’andamento della spesa di ogni singola funzione. ”Con l’approvazione della riforma del Titolo V° della Costituzione avvenuta nel 2001 – segnala il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – l’Italia ha assunto un assetto istituzionale decentrato. In precedenza, i poteri delle Regioni erano esplicitamente citati nella Costituzione, mentre lo Stato aveva la competenza su tutte le altre materie. La riforma del 2001 ha capovolto la situazione: lo Stato è titolare di alcune materie espressamente citate nella Costituzione – come la giustizia, la difesa, la politica estera – mentre alle Regioni sono stati attribuiti i poteri su tutte le altre funzioni non esplicitamente riservate allo Stato. Pur riconoscendo che perdurano sprechi, sperperi e inefficienze che vanno assolutamente eliminati, nell’ultimo decennio l’aumento della spesa delle Regioni è imputabile al nuovo ruolo istituzionale conferitogli e dalle nuove competenze assunte. In primis la gestione e l’organizzazione della sanità , ma anche dell’industria e del trasporto pubblico locale. Vi sono poi alcune materie nelle quali le Regioni hanno oggi una potestà esclusiva, mentre in precedenza dovevano sottostare ai limiti normativi dello Stato. Tra queste ricordo l’artigianato, l’agricoltura, il commercio, la formazione professionale, il turismo e l’ambiente. Infine, vi è una terza ragione che ha fatto impennare la spesa: mi riferisco, in particolare, ai maggiori costi socio-sanitari che le Regioni hanno dovuto farsi carico a seguito dell’invecchiamento della popolazione e per finanziare le misure a sostegno della popolazione straniera giunta nel nostro Paese”. Non è un caso che nel decennio scorso la voce di spesa cresciuta di più sia stata quella riferita all’assistenza sociale (+154,4%). A livello di singola Regione, invece, la spesa pro capite piu’ elevata si registra in Valle d’Aosta, con un importo pro capite pari a 13.139 euro. Seguono la Provincia autonoma di Bolzano, con 9.544 euro, e quella di Trento, con 8.860 euro. Le più parsimoniose, invece, sono le Marche, con 2.583 euro di spesa pro capite, la Puglia, con 2.342 euro e la Lombardia, con 2.202 euro. Infine, l’analisi della CGIA di Mestre ha preso in esame le tre principali voci di spesa di ciascuna realtà regionale, analizzandone la spesa sia a livello pro capite sia in valore assoluto, nonche’ l’incidenza percentuale sul totale delle uscite. E come accennato prima, tutte le realta’ regionali hanno nella sanita’ e nei trasporti le principali voci di spesa.