L’Italia ha scelto il sì. Con il 69,62% delle preferenze, gli italiani hanno confermato la legge che era stata già approvata in parlamento lo scorso anno. I risultati del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari erano, per certi versi, prevedibili dopo l’atteggiamento dei diversi schieramenti politici. Meno prevedibili erano i dati sull’affluenza degli elettori che, per il referendum, si sono attestati sul 53,84%.
Referendum sul taglio dei parlamentari: cosa raccontano i risultati
Dopo l’approvazione della legge in parlamento, lo scorso anno, e il ricorso al referendum per non aver raggiunto una maggioranza qualificata, le posizioni degli schieramenti erano piuttosto delineate. Poi, con la caduta del governo e la creazione di un secondo governo guidato sempre da Giuseppe Conte, la composizione politica è cambiata con un singolare rimpasto tra maggioranze e opposizioni. Cambiando le posizioni politiche sono cambiate le posizioni ideologiche. Eccezion fatta per i 5 Stelle che erano stati i promotori della riforma e che hanno portato avanti compatti la loro battaglia fino in fondo, gli altri partiti si sono fondamentalmente spaccati. All’interno di Lega, PD e Forza Italia, per esempio, diversi esponenti hanno abbracciato posizioni contrapposte fino a quando i leader hanno lasciato libertà di voto ai loro elettori. Una disparità, dunque, tra il fronte del Sì, cresciuto costantemente, e quello del No che ha perso gradualmente corpo.
Cosa accadrà?
La legislatura in corso finirà nel 2023, se non si ricorrerà a elezioni anticipate, sarà quello l’anno in cui verrà applicata la legge approvata oggi con il referendum. Anche se, prima di procedere a nuove elezioni, bisognerà completare il puzzle legislativo per dare un senso a questa operazione.
La riforma elettorale
Una delle ragioni del No, infatti, metteva in evidenza le lacune della legge approvata in parlamento e ora confermata col referendum, in assenza di un’opportuna legge elettorale. Ora che si procederà, senza fare marcia indietro, verso il ridimensionamento delle poltrone, sarà necessario mettere mano alla riforma elettorale. La riforma dovrà garantire il carattere proporzionale tenendo conto delle nuove percentuali di rappresentatività. Dovrà continuare a garantire la stessa rappresentatività a tutte le regioni, senza penalizzare quelle a minore densità abitativa.