Referendum: sono cinque i quesiti approvati dalla Corte Costituzionale e tre quelli che restano fuori dalla competizione elettorale. Detta così può sembrare già una vittoria per i comitati referendari ma in realtà non è proprio così. Sì, perché restano fuori i tre più attesi in effetti: quello sulla responsabilità civile dei giudici; quello sull’eutanasia (che in realtà era però sull’ omicidio del consenziente) e quello sulla legalizzazione della cannabis.
Motivazioni di rigetto del Referendum sull’omicidio del consenziente- Corte Costituzionale
“La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.
Abbiamo deciso di citare in originale una sola delle motivazione della Corte Costituzionale per cercare di uscire dalla contraddizione rilevata dai promotori. Questi affermano che le decisioni della Corte sarebbero state di carattere politico e non giuridico ed è un’accusa tutt’altro che secondaria.
Le motivazioni della Corte e le critiche
Il neo Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha convocato subito una conferenza stampa alla fine delle decisioni proprio per cercare di spiegare le motivazioni che hanno condotto la Corte alle decisioni facendo anche capire che i quesiti erano posti male e scritti peggio e non potevano essere accettati perché avrebbero causato un vulnus nel sistema giuridico italiano cui sarebbe stato difficile ovviare.
Naturalmente, le critiche sono arrivate anche per questo modo di agire. C’è chi ha detto che la conferenza stampa era inutile chi, invece, che è stata solo fumo negli occhi per nascondere dietro una parvenza giurisdizionalista una decisione tutta politica.
In realtà sarebbe opportuno fare tutti un ripassino di diritto circa l’istituto del Referendum abrogativo e sulle modalità di richiesta oltre che sullo scopo finale. Resta inoppugnabile che qualsiasi Referendum abrogativo apre un vulnus, una vacatio legis, perché l’intendo del Referendum è proprio questo. Attraverso uno dei pochissimi strumenti di democrazia diretta ammessi nel nostro ordinamento, sollecitare il Parlamento a legiferare su una materia creando un buco.
Referendum ed iniziativa legislativa ordinaria
Il vero problema italiano è che si legifera male. Governo e Parlamento o legiferano tanto in determinate materie e nulla in altre o quando lo fanno questo avviene dopo mille compromessi che finiscono per snaturare quella legge che appena approvata o è già vecchia o inutilizzabile.
Se il nostro sistema legislativo funzionasse bene non ci sarebbe mai bisogno di ricorrere al Referendum abrogativo, questa è l’amara ed incontrovertibile verità. Inoltre, va anche detto che questo strumento è stato pure un po’ svilito nel tempo e mentre ricordiamo Referendum storici, vedi aborto e divorzio; se ne ricordano altri davvero irrisori e poco probabili. Alcuni anche avendo visto la vittoria dei si non hanno procurato nessun pungolamento a chi di dovere.
Certo fa specie che su tre argomenti d’ispirazione veramente popolare e non populista come eutanasia (lasciatecelo passare per facilità di comunicazione) cannabis e responsabilità civile dei giudici non si possa votare mentre su altri cinque quesiti più strettamente giuridici si potrà farlo fra il 15 aprile ed il 15 giugno.
I Referendum approvati dalla Corte
Due, dunque, riguardano articoli diversi della celeberrima Legge Severino e precisamente in materia d’incandidabilità e sospensione dopo la condanna di primo grado di pubblici amministratori per alcuni specifici reati. Uno afferisce al metodo di elezione dei membri del CSM per far sì che si possano evitare sempre più cordate e correnti. Uno verte sulla separazione delle carriere dei magistrati con la fine del passaggio da PM a Giudice. L’ultimo propone la cancellazione di parte del tanto discusso articolo 274 cpp.
Sia chiaro sono tutti Referendum sacrosanti e meritori perché vanno ad intervenire su cose del sistema giudiziario che non funzionano e ci hanno fatto diventare anche oggetto di reprimende e sanzioni europee. Mettere mano all’articolo 274 cpp è cosa auspicata da tempo dopo lo scempio che ne hanno fatto in tanti con l’uso distorto della carcerazione preventiva. Arrivare alla separazione netta fra magistrati e giudici non è solo cosa giusta ma grandemente auspicabile. I due sulla legge Severino mettono davvero a dura prova tutti perché entriamo in un campo minato e particolare come la P.A e i reati commessi da chi ricopre cariche pubbliche.
Sono ancora referendum popolari?
La domanda a questo punto pare legittima: ma sono davvero questi ancora Referendum Popolari o forse esistono ancora materie tabù? Certo, l’Italia è ancora un Paese a fortissima vocazione cattolica (per dirla con un eufemismo). Eppure c’è da chiedersi perché uno Stato comunque laico non fa votare i cittadini sull’eutanasia. La cannabis porta con se anch’essa uno stigma sociale più che giuridico ormai, anche se almeno quella per scopi terapeutici è ammessa. Non si capisce il perché un percorso di legalizzazione che taglierebbe lo spaccio e la carcerazione per situazioni futili come oggi non è possibile.
Il dubbio più forte e qui la citazione andreottiana è d’obbligo: a pensare male si fa peccato ma 90 volte su 100 ci si azzecca, è sul quesito per la responsabilità civile del giudice che sarebbe un’operazione di civiltà e modernità che ci farebbe uscire di colpo dalle pastoie corporativistiche di classe.
Forse non si vuole? Forse ciò fa paura? Quali discrasie creerebbe uno strumento così elementare? Perché se un qualsiasi professionista sbaglia nel suo lavoro paga anche molto salatamente e nel caso della magistratura ciò non può avvenire?