Le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina hanno raggiunto nel 2018 il record storico di 450 milioni di euro, un valore che è più che triplicato negli ultimi 10 anni (+260%) con la progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita occidentali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti nel commentare la notizia che l’Italia si prepara a diventare il primo Paese del G7 a sostenere formalmente la ‘Belt and Road’, la nuova Via della Seta voluta dal presidente cinese Xi Jinping sulla quale pesano le perplessità degli Usa.
Record delle esportazioni in Cina: i prodotti più gettonati
Il prodotto più esportato in Cina è il vino per un valore stimato dalla Coldiretti in 130 milioni di euro nel 2018 con l’Italia che ha sorpassato la Spagna ed è diventata il quarto esportatore verso Pechino. A frenare le spedizioni agroalimentari Made in Italy – precisa la Coldiretti – sono le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca – continua la Coldiretti – l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico negoziato.
Un ostacolo che occorre superare per proseguire nel percorso in atto da anni di riequilibrio dei rapporti commerciali nell’agroalimentare con le importazioni dalla Cina che – rileva la Coldiretti – hanno superato del 33% il valore delle esportazioni. A calare drasticamente del 20% nel 2018 rispetto all’anno precedente sono state – secondo la Coldiretti – le importazioni dalla Cina di derivati di pomodoro con l’entrata in vigore il 26 agosto del 2018 dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro per smascherare l’inganno dei prodotti coltivati all’estero ed importati per essere spacciati come italiani.
La Cina – conclude la Coldiretti – è al secondo posto a livello mondiale tra i Paesi che hanno fatto scattare maggiori allarmi alimentari nell’Unione Europea nel corso del 2018 ed è per questo importante garantire la sicurezza ed il rispetto dei diritti dei lavoratori dei prodotti che varcano la frontiera.