Di là dal ponte della ferrovia
una traversa di viale Ripamonti
c’è la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e Nerina.
Il ponte sta lì buono e sotto passano
treni carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente che cammina
i camion della frutta di Romagna.
Chi c’è nato vicino a questi posti
non gli passa neppure per la mente
come è utile averci un’abitudine
Le abitudini si fanno con la pelle
così tutti ce l’hanno se hanno la pelle
Ma c’è il momento che l’abitudine on tiene
chissà che cosa insiste nel circuito
o fa contatto
o prende la tangente
allora la burrasca
periferica, di terra
il ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può cascar sotto
e i film che Carla non li può soffrire
un film di Jean Gabin può dire il vero
è forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il cuore impreparato, per esempio, a due mani
che piombano sul petto
Solo pudore non è che la fa andare
fuggitiva nei boschi di cemento
o il contagio spinoso della mano.
(da La ragazza Carla e altre poesie, Mondadori, 1962)
Che Elio Pagliarani sia conosciuto per il volume neorealista La ragazza Carla, uno dei volumi più riusciti del Novecento, mi sembra un dato di fatto. Essere uno dei cinque componenti del gruppo neoavanguardista “I novissimi”, non ha contribuito come forse si attendeva lo stesso Pagliarani, ad innalzare la sua “fama”, in quanto è stato sempre considerato “l’anello debole” del gruppo, quello più marginale e con una poetica abbastanza differente da quella basilare del gruppo. Saremmo nel giusto affermare che si tratti del meno sperimentale degli altri quattro, Sanguineti, Balestrini, Giuliani e Porta?
Sospettiamo che la “fama” di Pagliarani sia stata accresciuta in questi ultimi anni dalla versione cinematografica del volume. Infatti, il regista Alberto Saibene, nel 2015, ha realizzato il film La ragazza Carla, col sottotitolo Esiste un’anima della citta?, sull’omonima opera pagliariniana. Il film dura 60 minuti ed è interpretato dagli attori Carla Chiarelli (guarda caso! già interprete nei film Uomo Gallo, di Dario D’Ambrosi; Perdiamoci di vista, di Carlo Verdone; Le nuvole sotto il cuscino, di Fulvio Accialini; Caldo soffocante, di Giovanna Gagliardo; L’aria serena dell’Ovest, di Silvio Soldini; Giulia in ottobre, dello stesso) e il noto Stefano Roberto Belisari (in arte Elio, frontman del gruppo musicale “Le storie tese”).
La trama sembra scritta oggi, con gli stessi drammi giovanili in una società ancora maschilista e misogina: «Carla è la figlia minore della vedova Dondi, donna della più piccola borghesia che fa pantofole per sostenere il magro bilancio famigliare. La ragazza viene iscritta a una scuola di formazione professionale per dattilografe. A scuola fa quello che deve fare, senza una vera passione o una convinta determinazione. In testa ha altri pensieri, altri sogni e un gran paura di buttarsi nella mischia. Finita la scuola Carla trova lavoro presso la Transocean Limited Import Export Company, piccola ditta in piazza del Duomo. La dirige il misterioso signor Praték, che non sembra avere grandi riguardi per i suoi dipendenti e che addirittura fa delle esplicite avances alla povera Carla. La quale scappa inorridita dalla mamma per dirle che non vuole più sapere di quel lavoro. Ma la madre le dice chiaramente che trovare un lavoro non è facile di questi tempi, e la figlia non può permettersi di perderlo. La storia si chiude con Carla pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro, sospesa tra rifiuto della società e apertura verso la vita»1.
Forse anche per il passaggio su Rai Storia l’anno dopo: «In principio voleva essere un film, sicuramente neorealista, sicuramente per De Sica e Zavattini. Invece è diventato un poema, uno dei capolavori della letteratura del secolo scorso che, per i “dotti”, ha segnato il passaggio dal Neorealismo alla Neoavanguardia. Ed ora, dopo tanti anni, film lo è diventato davvero, grazie all’idea di un gruppo di “milanesi del cinema”, sicuri che La ragazza Carla popoli ancora le nostre città»2.
Ora analizziamo brevemente questo volume che, in verità, non mi ha mai attratto completamente il mio interesse (stesso sentimento per il neorealismo), lo stesso che mi sovviene nei confronti del suo autore (non si possono amare tutti i poeti). Allora si potrebbe obiettare: «Perché lo recensisci»? Bella domanda. Perché un critico – in questo caso un poeta-critico – non può trascurare comunque la sua importanza, quasi un capolavoro, nell’ambito del neorealismo italiano. Le prime tracce che si riscontrano nel leggere la poesia di Elio Pagliarani sono tracce di crepuscolarismo, un’elegia fatta di versi narrati, con un linguaggio più o meno rilkiano, a sostegno di un progetto tutt’altro che in favore della polis o legato alla psicologia e al privato dei personaggi; per questa sua vocazione è stato definito il più tradizionalista tra i “Novissimi”, una definizione un po’ troppo grossolana e sbrigativa ma non del tutto infondata.
A ben guardare, dunque, pur notandovi un forte “impegno civile e politico-sociale”, aspetti intriganti che attraverso Pascoli e il primo Palazzeschi lo calano nella tradizione che ispeziona, con La ragazza Carla e altre poesie inaugura la stagione dello sperimentalismo realistico, del narrare il proprio interiore che lo avvicina più a Pasolini e a Leonetti che a Sanguineti, Giuliani, Balestrini e Porta.
Poesia definita da Giuliani epica quotidiana questa de La ragazza Carla, che da un lato ci propone un racconto in versi di una giornata fedele alla realtà, che ha come protagonista una giovane dattilografa della Milano uggiosa del rilancio economico (come detto più sopra), dall’altro una mimesi critica e demistificante della società, con un linguaggio tradizionale che si realizza per accumulazione, amplificazione, montaggio e smontaggio di lacerti linguistici, «con un’interpretazione estremamente pertinente delle istanze formali del nuovo sperimentalismo»3.
Con una struttura poetica che si poggia sul verso lungo e su componimenti altrettanto lunghi, la sua poesia diviene innanzitutto argomento e oggetto per una disperazione, per un abbassamento dell’immediatezza del parlato, atta ad imbrigliare soprattutto la nostalgia popolare elevata a canto lirico, tipica della tradizione letteraria tra Ottocento e Novecento, ma senza la sofferenza o il “pianto” dei crepuscolari.
E «propone già almeno due elementi specifici del Pagliarani successivo: una espugnazione della base psicologistico-intimistica in favore di una oggettività intenzionata (di un senso dell’esterno che a guardare bene si può far risalire senza rischio, tra l’altro, a Carlo Porta: lo ha osservato del resto Vivaldi già nel 1962) e, d’altra parte, una indiziaria distruzione della prevedibilità del “racconto” operata all’interno di strutture peraltro vocazionalmente narrative»4.
Si serve, per questo, dell’ironia, dell’autoironia – più precisamente, forse il retaggio migliore –, che attraverso la fantasia linguistica, la contestazione e l’opposizione alla rappresentazione “reale”, ma non come finalità («perché l’opposizione agisca da opposizione e abbia i suoi testimoni»)5, ad ogni mimesi della poesia stessa, del poeta stesso («… Poeta è una parola che non uso / di solito…»)6, a significati precostituiti e codificati – pur rimanendo nel quotidiano, ma senza pianto –, lo portano alla “riduzione” dell’io per aprirsi all’impegno per la comunicazione, alla riaffermazione – appunto – della funzione sociale (e politica) della letteratura.
«Le tecniche di scrittura non sono altro che una fedele riproduzione di quei ritmi ossessivi e alienanti che arrivano a corrodere tutto: perfino il ritratto del protagonista (che in tanta letteratura costituisce un elemento imprescindibile del componimento) ha il tono di una pratica burocratica»7.
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1 In «MyMovies.it. Il cinema dalla parte del pubblico».
2 Gabriella Gallozzi, “La ragazza Carla” arriva su Rai Storia, in «Bookciak Magazine», 18 novembre 2016.
3 P. V. Mengaldo, Elio Pagliarani, in Aa. Vv., Poesia italiana del Novecento, a cura dello stesso, Oscar Mondadori, 1990, p. 936.
4 G. Luzi, La ragazza Carla e altre poesie di Elio Pagliarani, in «Poesia», n. 9, anno II, Milano, settembre 1989, p. 65.
5 E. Pagliarani, Lezione di fisica, in Poesia italiana del Novecento, a cura di E. Sanguineti, vol. II, Einaudi, 19883, p. 1107.
6 Id., Oggetti e argomenti per una disperazione, ivi, p. 1100.
7 L. Di Lello, La ragazza Carla di Elio Pagliarani. Poesia e frenesia, in «La Cooltura», 17 febbraio 2015.
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Elio Pagliarani è nato a Viserba (Rimini) nel 1927. Dopo aver trascorso a Milano la prima giovinezza, ha vissuto a Roma dove è morto nel 2012. Poeta, critico d’arte, traduttore, è uno dei cinque poeti definiti “Novissimi” ed ha fatto parte del “Gruppo ’63”. È stato redattore di «Nuova Corrente», critico teatrale del quotidiano «Paese Sera», collaboratore di «Quindici» ed ha fondato e diretto «Periodo Ipotetico» e «Videor», una rivista in cassetta. Poesia: Cronache e altre poesie (Schwarz, 1954); Inventario privato (Veronelli, 1959); La ragazza Carla e altre poesie (Mondadori, 1962; Oscar Mondadori, a cura di A. Asor Rosa, 1978); Lezione di fisica (Scheiwiller, 1964); Pelle d’asino, con A. Giuliani (id.); Lezione di fisica e Fecaloro (Feltrinelli, 1968); Rosso corpo lingua. Oro pope papa scienza (Cooperativa Scrittori, 1977); Esercizi platonici (Acquario, 1985); Epigrammi ferraresi (Manni, 1987); La bella addormentata nel bosco (Corpo 10, 1987); La ballata di Rudi (Marsilio, 1995); Per il duemila immediato futuro, con disegni a mano di Cosimo Budetta (Ogopogo, 1998); Quattro epigrammi da Savonarola, con disegni a mano di Cosimo Budetta (id.); A Liarosa vent’anni dopo, con un acquerello di Eugenia Serafini (Edizioni Pulcinoelefante, 2001); La Ragazza Carla / A Girl named Carla, translated into English by Luca Paci with Huw Thomas (Troubador, 2006). Saggistica: I maestri del racconto italiano, curato con W. Pedullà (Rizzoli, 1964); Manuale di poesia sperimentale, curato con G. Guglielmi (Mondadori, 1966); Il fiato dello spettatore (Marsilio, 1972); Giovanni Pascoli (Ist. Poligrafico dello Stato, 1998); Epigrammi. Da Savonarola, Martin Lutero… (Manni Editori, 2001).