La leucemia plasmacellulare è una rara neoplasia delle plasmacellule del midollo osseo deputate alla produzione degli anticorpi. La plasma cell leukemia (in inglese, da cui l’acronimo Pcl) si può presentare in forma primaria, quando insorge de novo, o secondaria, quando si sviluppa da un precedente mieloma multiplo. Le forme primarie sono circa la metà dei casi, hanno un decorso clinico molto aggressivo e una prognosi decisamente infausta. Studiarne e comprenderne i meccanismi molecolari è fondamentale allo scopo di individuare marcatori diagnostici e bersagli per lo sviluppo di nuove terapie.
Grazie a una proficua collaborazione, i ricercatori dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano, del Policlinico di Milano e dell’Università Statale di Milano hanno sequenziato il Dna di 12 pazienti con Pcl primaria, appartenenti ad una casistica più ampia estesamente caratterizzata a livello clinico e molecolare. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Oncotarget.
“L’analisi ad alta risoluzione di questi pazienti“, spiega Ingrid Cifola, ricercatrice dell’Itb-Cnr e coordinatrice della ricerca, “è stata possibile grazie alle moderne tecnologie di sequenziamento del Dna dette Next-Generation Sequencing (Ngs) e ad un’ingegnosa strategia molecolare per selezionare e ‘catturare’ l’esoma, cioè la porzione del nostro Dna che codifica per le proteine. Il sequenziamento dell’esoma permette di concentrare le analisi sulle regioni più significative dei geni, allo scopo di identificare le alterazioni molecolari che contribuiscono all’insorgenza e all’aggressività della neoplasia“.
“Grazie a queste tecnologie“, aggiunge Antonino Neri, ematologo della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e del Dipartimento di scienze cliniche e di comunità dell’Università di Milano, “abbiamo realizzato il primo screening molecolare delle Pcl primarie, identificando una lunga serie di geni colpiti da mutazioni nelle cellule tumorali e mettendo in luce una situazione di estrema eterogeneità genetica. In particolare, abbiamo individuato il forte coinvolgimento di alcuni geni già classicamente associati al cancro, quali Tp53 e Atm, in aggiunta ad altri finora meno noti, come DIS3, che recentemente sta emergendo come uno dei geni ricorrenti nel mieloma multiplo“. Su geni candidati come questo si concentreranno nel futuro gli sforzi e le speranze della ricerca internazionale per valutarne la traslabilità in ambito clinico.
“Le Pcl primarie“, conclude Cifola, “risultano inoltre pesantemente alterate a livello dei processi di interazione con la matrice extracellulare, controllo del ciclo cellulare e riparazione del Dna. Approfondire il ruolo di questi processi nella biologia del tumore sarà importante per individuare nuovi bersagli terapeutici per questa aggressiva forma di neoplasia. Inoltre, le Pcl primarie potranno essere sfruttate come modello per comprendere meglio i mielomi ad alto rischio“.
Neri sottolinea lo sforzo congiunto di diverse realtà ospedaliere italiane coinvolte in un trial clinico prospettico condotto nell’ambito del Gimema Multiple Myeloma Working Party: “La nostra casistica rappresenta la collezione di Pcl primarie più estesa finora raccolta e il valore delle informazioni che essa racchiude è inestimabile”. La ricerca è stata finanziata dall‘Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), dal Ministero della Salute e dal Miur“.