Se vi dovesse capitare di vedere la vostra auto che aziona da sola i tergicristallo, accende l’aria condizionata e lo stereo, mentre dà anche un colpetto di clacson e sgassa sull’acceleratore per farvi fretta, non vi stupite, non avete comprato a vostra insaputa la mitica “KITT” del serial “Supercar”, inseparabile compagna di David Hasselhoff negli anni ’80: potrebbero invece essere stati gli hacker, sfruttando le vulnerabilità dei sistemi tecnologici della vostra vettura.
Per quanto possa sembrare incredibile, questo è quanto hanno dimostrato due ingegneri informatici americani, riuscendo a manovrare a loro piacimento un’automobile in un parcheggio, e tutto ciò attraverso un comune smartphone.
E la questione è apparsa talmente delicata che negli Stati Uniti è stato tempestivamente preparato un disegno di legge “ad hoc” per definire precisi standard di sicurezza informatici ed un sistema di valutazione del livello di protezione delle auto, mentre per lo stesso motivo FCA ha deciso di richiamare cautelativamente dal mercato circa 1,4 milioni di veicoli nuovi.
Non altrettanto solerte pare invece sia il sistema politico italiano nel garantire la privacy e la sicurezza degli automobilisti.
Infatti, sebbene una stima dell’ANIA indichi che sono già circa tre milioni le auto italiane in circolazione su cui sono installate le famigerate “scatole nere”, le tutele sulla privacy a cui hanno diritto gli automobilisti che acconsentono ad installare l’apparecchio sulla propria vettura in cambio di un significativo sconto sulla polizza Rc, pare siano cadute nel dimenticatoio.
Sembra infatti che dal 2012, qualcosa non abbia funzionato a dovere nei passaggi necessari per rendere operativo il “Decreto Liberalizzazioni” (DL 1/2012), che insieme alle riduzioni del premio, prevedeva anche l’emanazione di un regolamento attuativo da parte dell’ISVAP (oggi IVASS). Ad evidenziarlo, è il giurista e già Garante della Privacy,
Francesco Pizzetti, che spiega: “Nell’intento di proteggere e tutelare la parte più debole, cioè l’assicurato, il quadro giuridico delineava in questa materia una disciplina estremamente minuziosa, che se attuata e rispettata avrebbe potuto trovare risposta convincente e chiara ai mille problemi che comporta l’utilizzo della scatola nera su un autoveicolo rispetto alla protezione dei dati personali, ai rischi di intercettazioni, e ancor più oggi, anche a quelli di hackeraggio. La mancata attuazione non è dovuta però al Ministero dei Trasporti, che tempestivamente emanò il regolamento di sua competenza relativo agli aspetti tecnici – sottolinea Pizzetti – ma all’inspiegabile inerzia dell’Ivass. Questa Autorità, infatti, predispose a suo tempo, con la collaborazione del Garante, lo schema di regolamento e lo mise anche in consultazione pubblica nel marzo 2013. Tuttavia il procedimento non si concluse e il regolamento non fu mai emanato. A mia conoscenza non è mai stato spiegato perché.”
A proposito dei pericoli dovuti alle vulnerabilità delle tecnologie delle vetture, comprese le scatole nere, a lanciare un altro allarme è Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy: “Quello delle intrusioni nelle nostre auto da parte degli hacker non è un affatto un pericolo remoto. Individui senza scrupoli potrebbero a nostra insaputa sabotare i freni della nostra auto interferendo da un semplice smartphone. Ma non solo – spiega Bernardi – in assenza di certezza dell’adozione di idonee misure di sicurezza, non sappiamo chi effettivamente accede ad informazioni sensibili che spesso riguardano la nostra sfera privata, potendo conoscere esattamente dove siamo e a che ora attraverso il sistema gps.”
Alla luce della confusione che si è venuta a creare circa l’impiego delle scatole nere sulle automobili, sta di fatto che attualmente la privacy di tre milioni di automobilisti che hanno installato tali dispositivi non è affatto garantita, e sebbene la norma del Decreto Liberalizzazioni sembra non sia ancora stata legittimamente resa operativa, le compagnie continuano a proporre sconti, a volte neppure troppo vantaggiosi, a chi accetta di essere monitorato 24 ore su 24 senza però ricevere in cambio le tutele che sarebbero riconosciute per legge.