Dire “porco straniero” o “straniero di merda”, non è razzismo. Ancora una volta la Svizzera si dimostra “campione di tolleranza” al contrario
Dare del “porco straniero” o ” straniero di merda ” a qualcuno costituisce un’ingiuria ma non una discriminazione razziale ai sensi del codice penale svizzero. Lo hanno sentenziato i supremi giudici di Losanna del Tribunale federale (TF). Lo stesso vale anche quando i medesimi insulti vengono utilizzati in relazione a singole nazionalità. A stabilirlo è in Tribunale federale in merito al caso di un poliziotto che nel 2007 aveva fermato un richiedente asilo algerino al salone internazionale dell’orologeria e della gioielleria di Basilea, perché sospettato di borseggio ai danni di un cittadino russo. La giustizia della città renana ha condannato il poliziotto con l’accusa di discriminazione razziale e gli ha appioppato una pena pecuniaria con la condizionale. Il Tribunale federale, cui l’agente ha presentato ricorso, non è d’accordo e ha annullato la condanna. A suo avviso le esternazioni del poliziotto non sono da considerare in rapporto con una determinata razza, etnia o religione come esige l’articolo 261bis del codice penale che punisce la discriminazione razziale: i termini “straniero” o “asilante” – rileva il TF – possono riferirsi a persone di origini e religioni del tutto diverse. Il Tribunale federale va ancora oltre: secondo i giudici losannesi, gli stessi insulti non possono essere considerati una discriminazione razziale neppure se riferiti a una precisa nazionalità o etnia. Epiteti contenenti le parole “Sau” e “Dreck” – affermano – nell’area linguistica tedescofona sono da molto tempo ampiamente utilizzati come “manifestazione di malumore” e sono sentiti certo come ingiurie, ma non come attacco alla dignità umana, condizione perché si realizzi la fattispecie del reato di “discriminazione razziale”. In ogni caso, sostiene il Tribunale federale, finché tali insulti sono diretti a singoli, non sono sentiti da terze persone non coinvolte come attacchi razzistici alla dignità umana, ma soltanto come più o meno primitive ingiurie lesive dell’onore motivate da sentimenti antistranieri.Gli insulti proferiti dal poliziotto nell’esercizio delle sue funzioni – conclude l’alta corte di Losanna – sono certo particolarmente fuori posto e inaccettabili. Non vanno però oltre il reato di “ingiuria” (art. 177 CP). Il caso torna alla giustizia basilese perché riveda la sua sentenza. Poiché l’ingiuria è un reato punibile soltanto a querela di parte, essa dovrà accertarsi, per una condanna, che nel 2007 ci sia stata una denuncia penale contro il poliziotto. Ancora una volta la Svizzera, si rivela un paese tollerante “al contrario”, supportata da provvedimenti e decisioni delle istituzioni che non fanno altro che suffragare discriminazioni e che xenofobia che riguardano migliaia di stranieri, anche molti nostri connazionali che quotidianamente contribuiscono allo sviluppo del Paese d’Oltralpe.