Oggetto: Pianeta Terra.
Dopo il mio ingresso nel Sistema Solare ed il sorvolo di tutti i pianeti orbitanti, sono entrato nello spazio aereo della Terra, l’unico con forme di vita intelligente. Ho posizionato l’Astronave sopra una Città con caratteristiche uniche, per colori, profumi, bellezze, musicalità e vitalità della gente.
Come da ordini vi invierò rapporti sulla vita di questo popolo, cercando come consuetudine di individuare i particolari, per comprenderne lo spirito.
Nome Città: Napoli
Rapporto N° 2
Al mattino la città si vivacizza moltissimo, numerose auto, motorini, furgoni, Bus, tram ed umani si mettono vorticosamente in marcia nel caos e nella confusione più assurda. Sembra che ogni giorno avvenga ciò che ho letto in un antico documento marinaro di questa città, quando in questi giorni mi sono documentato su di essa. Vi era scritto un ordine ufficiale, dove il Capitano di una nave della Regia Marina Napoletana, comandava sul da farsi in caso di visita da parte di Ufficiali Superiori. In un primo momento non lo compresi, ma il mattino dopo affacciandomi dall’astronave tutto mi apparve chiaro: Facite Ammuina. Tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora; chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta; tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso; chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
Eppure questo groviglio pulsante non è in preda all’anarchia ma, come guidato da un invisibile cervello, si dipana verso mete a me sconosciute, ma chiarissime alla moltitudine vagante. Nel ruotare di un’ora terrestre buona parte degli umani, indipendentemente dal mezzo di trasporto, raggiunge la sua meta. Un arrivo però transitorio, un arcano passaggio obbligato prima del definitivo approdo. Questi luoghi disseminati abbondantemente su tutto il territorio si chiamano Bar. Ce ne sono di varie dimensioni, stili, eleganze, ma tutti hanno trionfante, appoggiata al centro del muro dietro al bancone, una macchina metallica rettangolare munita di leve, tasti, beccucci fumanti con sulla parte superiore piccoli contenitori denominati tazze e tazzine. Le voci scomposte e accavallanti, all’interno del locale intonano una cadenzata litania, che solo l’esperto barista riesce a comprendere e tradurre in lavoro: Un caffè, Un caffè in vetro, Un caffè macchiato caldo, Un caffè macchiato freddo, Un caffè macchiato freddo con latte scremato. Un caffè macchiato caldo con latte scremato. Un caffè schiumato, Un caffè marocchino, Un caffè decaffeinato, Un caffè d’orzo in tazza piccola, Un caffè d’orzo in tazza grande, Un caffè al ginseng, Un caffè doppio, Un caffè lungo, Un caffè ristretto, Un cappuccino, Un cappuccino chiaro, Un cappuccino scuro, Un cappuccino decaffeinato, Un cappuccino con cacao, Un cappuccino con caffè caldo e latte freddo, Latte macchiato.
Tra tante contaminazioni, il re assoluto di questa pausa rimane comunque sempre il Caffè, e basta. Cioè: a tazzulella e cafè! Il crearlo e berlo è un’arte antica esportata in tutto il Pianeta Terra. In un contenitore trasparente posto in prossimità della suddetta macchina, viene posto il caffè in grani per essere macinato più o meno fine in funzione del tipo di giornata: soleggiata, piovosa o poco sincera, come gli abitanti di questa città chiamano una giornata incerta. Viene macinato solo il necessario ed il risultato versato e pigiato in un cilindro sigillato al fondo con un unico foro di fuoriuscita, collegato ad un sostegno. Dopo aver fatto sfiatare la macchina un paio di volte ed Inserito il cilindro con un mezzo giro nella parte bassa della macchina, il barista abbassa con due colpi misurati, uno breve e l’altro lungo, una leva nera posta sul frontale della stessa. Questa leva ritornando indietro al punto di partenza, lascia confluire lentamente acqua bollente nel cilindro, facendo così fuoriuscire il nero e profumato caffè nella tazzina.
In quell’istante inizia il secondo rito: la degustazione. Versato lo zucchero nel caffè, il manico della tazzina viene bloccato tra il pollice e l’indice di una mano e con il cucchiaino tenuto nell’altra, miscelato. La tazzina viene portata lentamente alla bocca, e mentre il suo profumo pervade i sensi, le labbra ne tastano il calore prima di passare al piacere del gusto. Poi con lento movimento circolare del polso viene ruotata per far si che il rimanente caffè venga spinto sul fondo a graffiare il residuo zucchero, prima di portarla per l’ultima volta alla bocca.
Il vero Napoletano, una volta entrato nel bar si spoglia delle sue tensioni, saluta affabilmente il barista e gli astanti, beve l’acqua che amichevolmente gli viene messa di fronte in attesa del caffè che rigorosamente consumerà al banco. Quando prende una pasta, il barista aspetterà che sia finita e l’acqua bevuta prima di porgli il caffè dinnanzi. L’acqua nei bar di Napoli è sempre gratuita, anche se non si consuma nulla e chi lo desidera può lasciare pagato il “Caffè Sospeso”, che potrà in seguito consumare chi i soldi per pagarselo non li ha. Osservando tutto ciò dalla mia astronave mi sono reso conto come il caffè sia la vera essenza di Napoli: forte, buono, rigenerante, stimolante, profumato, ma naturalmente amaro. Come la vita non regala nulla, o lo zuccheri di tua volontà o ti tocca berlo amaro.
Continuo a monitorare questa città al fine di comprenderne sempre di più l’anima.
Fine Rapporto
Comandante XYZ By Roberto Zuccotti
PS. Si ringrazia l’Artista “Fabrizio Scala” per la gentile concessione dell’utilizzo di una sua opera a compendio dell’articolo.