La notizia sembra quasi una nota stonata in un mare di cori che gridano alla calamità naturale sulla scia anche delle dichiarazioni del Commissario straordinario Silletti secondo cui, il vettore del batterio, una piccola cicala (cicala “sputacchina”), utilizzerebbe l’uomo, i veicoli e gli animali per spostarsi e danneggiare indisturbata.
Eppure, secondo quanto dichiarato da monsignor Liquori, parroco della chiesa di San Lazzaro a Lecce, “Non ci sono state comunicazioni in merito, e le celebrazioni avverranno come di consueto , e cioè con il tradizione scambio e benedizione dei ramoscelli di ulivo. Del resto, se ci fosse stata una disposizione ostativa in merito, sicuramente non saremmo stati così stolti da violare l’incolumità pubblica agevolando la diffusione del batterio attraverso lo scambio dell’ulivo nelle nostre chiese”.
Raccomandazioni utili a limitare la diffusione del patogeno sono contenute anche in un video tutorial promosso dalla Coldiretti dalla Coldiretti Puglia (https://www.youtube.com/watch?v=enbKyq7FpKo ) in cui si raccomanda ai coltivatori di prestare particolare attenzione alla pulizia degli indumenti da lavoro prima di salire in macchina per tornare alla proprie abitazioni. Infatti, la minuscola cicala può annidarsi facilmente tra le pieghe delle camicie oppure dei pantaloni con il rischio, a dispetto dell’epiteto “sputacchina” che le è stato affibbiato, di trovare appetibile anche qualche pianta ornamentale del nostro balcone.
Il motivo per cui non sono stati emessi provvedimenti restrittivi circa la scambio di ramoscelli di ulivo in chiesa, è stato chiarito dal dott. Nicola Murrone, agronomo della Coldiretti Puglia: “siamo nella fase stagionale in cui il vettore non può colpire. Da giugno in poi, ci sarà la schiusa delle uova delle cicaline, e anche se portassimo a casa un ramo di ulivo, la schiusa delle uova non provocherebbe alcun danno in quanto il vettore è costituito solo ed unicamente dalla cicala adulta. Inoltre, prosegue il dott. Murrone, ricordiamo che la cicala è un vettore patogeno solo in determinate condizioni climatiche e non con tutte le piante”.
La domanda è: se conosciamo in quali situazioni climatiche la cicala diventa pericolosa, e su quali piante è dannosa, perché la ricerca scientifica si è arenata?
Gli olivicoltori del Salento si sentono abbandonati; le informazioni che ricevono dal mondo scientifico sono ridotte all’osso, e l’unica pubblicazione divulgata sull’argomento sono le Linee Guida emesse dalla Regione Puglia.
I coltivatori lamentano una mancanza di sinergia tra le università e gli istituti di ricerca italiani ed esteri. Secondo quanto riportato sulla pubblicazione del XXIV Congresso nazionale Italiano di Entomologia tenutosi in Sardegna nel giugno 2014 , sembra che la xylella sia stata “importata” dalla Costa Rica e dalle Americhe dove i cicadellidi sono una delle specie patogene più studiate perché portatrici di gravi malattie delle piante . Anche se poche specie di questi cicadellidi sono presenti in Europa, è innegabile tuttavia, che la sputacchina comune, presente anche in America del Nord, sia un vettore riconosciuto di X. Fastidiosa (Purcell, 1980).
Se questo è vero, perché non si procede ad uno studio serrato e congiunto,incentrato principalmente sulle modalità di contenimento della diffusione della malattia e di prevenzione della stessa con l’obiettivo di salvaguardare centinaia di migliaia di ulivi?
Parliamo di un patrimonio inestimabile che, se decimato, colpirebbe le nostra cultura, la nostra storia, e innanzitutto la nostra economia. La Puglia, da sola, produce il 40% dell’olio italiano ed il 12% di quello europeo.Forse, questo dato non è passato inosservato all’UE.
La Regione Puglia ha chiesto lo stato di calamità, perché fino ad oggi sono stati attaccati dalla Xylella fastidiosa quasi 1 milione di ulivi nel Salento. Arrivata la notizia, Bruxelles va in panico. Per un patogeno ancora sconosciuto in Europa, bisogna provvedere con una “guerra lampo”, colpire gli obiettivi e annientarli nel minor tempo possibile. Risultato: un atto dirgenziale pubblicato nel Bollettino ufficiale regionale n.39 del 19 marzo in cui si individuano le zone per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione della Xylella fastidiosa. Il Provvedimento indica quale “Zona di eradicazione” un territorio vastissimo, che va da Porto Cesareo fino a Lecce.
L’eradicazione è considerato da molti coltivatori (e non solo) un metodo troppo estremo per fronteggiare un batterio patogeno. La malattia, anche quella che attacca gli esseri umani, di solito si debella con i medicinali, diverse precauzioni e terapie, difficilmente si elimina fisicamente il malato per debellarne la causa ed evitare il contagio… A chi conviene intervenire in modo così radicale sul territorio salentino?
Gli interessi economici in ballo potrebbero essere davvero tanti : una cementificazione veloce (selvaggia) della zona salentina? La messa in commercio di un nuovo preparato contro il patogeno per risollevare le sorti di qualche casa farmaceutica in momentanea difficoltà? Una rimodulazione delle “quote olio” a livello europeo? Oppure i 13 milioni di euro messi a disposizione con la dichiarazione dello stato di emergenza possono movimentare qualche business nelle zone colpite?
L’ombra del dolo si fa sempre più concreta, specialmente se si analizzano le informazioni a nostra disposizione sui tempi e le modalità di arrivo della xylella in Puglia. E anche in questo caso, la disinformazione delle autorità e degli istituti di ricerca campeggia indisturbata. Nel provvedimento dirigenziale emesso dalla Regione Puglia si comunica che la xylella è stata riscontrata su alcune piante della provincia di Lecce nell’ottobre 2013. Peccato che, in sordina, da circa un anno, è partita un’inchiesta del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone che coordina il pool della Procura di Lecce e che da anni indaga sui reati ambientali. Si, perché sembra che la Xylella non sia apparsa nel recente 2013, bensì nel lontano 2010 durante un workshop organizzato a Bari presso la sede dell’Istituto Agronomico Mediterraneo (IAM) di Valenzano, e incentrato sullo studio di alcune malattie delle piante tra cui la “fastidiosa” Xylella. In un’intervista a Famiglia Cristiana, il sostituto procuratore Mignone specifica che l’inchiesta si è aperta perché durante il workshop è stato portato fisicamente nel nostro paese un campione di xylella fastidiosa che, pare, abbia trovato il clima e le piante giuste per diffondersi tranquillamente e proliferare con altrettanta tranquillità dal 2010 ad oggi.