Siamo ad Hollywood. Non in quella americana, ma bensì in un piccolo paesino irlandese, nella contea di Wicklow, ed è a distanza di pochi km dalla cittadina che si è tenuto il Rainbow gahtering irlandese, tra colline e montagne che qui si perdono a vista d’occhio.
Non è del veliero di Greenpeace che stiamo parlando, ma di un movimento di persone da cui è Greenpeace a prendere ispirazione. I rainbow warriors, i guerrieri dell’arcobaleno, nascono con i nativi americani, dalla profezia della tribù Hopi che recita: “Quando la terra sarà devastata e gli animali saranno sul punto di morte, ci sarà una nuova tribù di gente dai mille colori, classi e religioni, uomini che con le loro azioni renderanno di nuovo verde la terra. Essi saranno conosciuti come i Guerrieri dell’Arcobaleno”.
«Nel 1993 l’International Rainbow gathering arrivò in Irlanda – mi racconta Gina che si è impegnata a ridare vita alla Rainbow family irlandese – migliaia di persone vi presero parte e lì allora capimmo che dovevamo fare qualcosa anche nella nostra terra».
Ogni anno infatti migliaia di persone si riuniscono ai Rainbow gathering ed è impossibile riferirsi a costoro attraverso stereotipi. Si tratta di persone comuni, spesso etichettate erroneamente come hippy, vagabondi o addirittura piaghe sociali. Tuttavia stiamo parlando di uno dei movimenti che cominciarono a prendere forma dopo Woodstock, un momento che per molti rappresentò la rottura con un sistema fatto di convenzioni opprimenti. I Rainbow gathering sono aperti a chiunque e ciò che accomuna queste persone – la Rainbow family – sono solidarietà, pace, rispetto per la natura, rigetto per l’utilizzo sbagliato della tecnologia e veganismo; valori comuni che questi seguono nelle loro vite e durante gli incontri si celebra proprio questo stile di vita. Qui inoltre è strettamente vietato introdurre alcol, droghe, cani ed anche scattare foto può risultare un problema.
Ed è dunque da quella esperienza di confronto e conoscenza del ’93 che nacque il Rainbow gathering irlandese. «Dopo il ’93 abbiamo organizzato per anni il Rainbow qui in Irlanda – continua Gina – ma poi per vari motivi c’è stata una lunga pausa. Ed è dal 2011che abbiamo ripreso il movimento».
E i motivi di rottura sono chiari quando sei a contatto con queste persone: gli estremismi non mancano. Me ne rendo conto durante il momento del talking stick. Dopo aver cenato insieme seduti in circolo attorno al fuoco, Vincent inizia il giro. Il talking stick, ovvero il bastone parlante viene passato ad ognuno e rappresenta il momento in cui si esprimono emozioni, perplessità e pensieri. Jacinta e Thomas vengono dall’Olanda e vivono in Irlanda da 18 anni. Oltre ai cinque figli, hanno portato anche le loro capre al Rainbow, nonstante molti siano vegani, ed anche gli altri hanno portato cibo proveniente per lo più dalle loro coltivazioni biologiche.
«Se incontri una persona rainbow, parlale dei rainbow gathering» dice Jacinta, sottolineando che bisogna diffondere a voce l’esistenza della Rainbow family. Poi continua duramente «Internet è una droga». Sono diverse le opinioni sull’utilizzo o meno di internet a scopo informativo dei rainbow ed è infatti stata questa una delle cause di rottura nella precedente esperienza, come apprendo da John.
Ma la notte continua, e dopo il talking stick, si sta insieme attorno al fuoco, si condividono esperienze, informazioni e c’è tanto da imparare. John ricicla lattine, le raccoglie in grandi quantità ai festival ed eventi in genere e poi dopo averle compresse le spedisce in Inghilterra ed è lui ad aver iniziato il tree walk dieci anni fa. «Abbiamo iniziato a piantare alberi, all’inizio tante persone hanno partecipato. È un cammino durante il quale si piantano alberi, si cammina, si dorme in tende e si prosegue il giorno dopo. Siamo partiti da Tara ed arrivati fino a Uisneach. Poi abbiamo iniziato ad andare nelle scuole e a raccontare ai bambini la nostra esperienza».
E come lui tanti sono coinvolti in progetti o vivono una vita fatta di semplicità e condivisione; qui ognuno porta la sua esperienza ed insegna qualcosa agli altri. Ogni giorno arrivano nuove persone e l’accoglienza è calorosa. «Welcome home» dice Michelle ai nuovi arrivati. Ci sono adulti e bambini, ed ognuno si rende utile nel montare la tipi che sarà uno spazio esclusivo per i bambini, altri vanno a recuperar legna, altri ancora l’acqua che attraverso una pompa giunge direttamente dal fiume, chi invece organizza l’area parcheggio per coloro che verranno, altri s’impegnano a costruire un forno rurale con pietre e terra, e qualcun altro si occupa della cena. Ogni giorno c’è qualcosa da fare, e lo si fa insieme. Rituale della rainbow family è quello di essere in circolo attorno al fuoco, e prima della colazione, come prima di ogni pasto, ci si da la mano l’un con l’altro e si canta insieme per ringraziare la terra e madre natura per il cibo fornitoci, a concludere il circolo celebrativo c’è un OM collettivo che rende l’evento più spirituale.
Durante il talking stick, Adam originario di Liverpool dice: « È bello vedere come ognuno qui è libero di esprimere i propri pensieri. C’è rispetto e comprensione nonostante ci siano diverse opinioni». Ed è proprio questo lo spirito di questa esperienza, condividere emozioni e pensieri e rispettare la natura in un posto dove avverti subito la sintonia e la familiarità con gli altri e finalmente competitività, stress e frustrazioni sono lontani anni luce.