L’andamento delle imprese meridionali risulta essere diffusamente negativo con particolare riferimento sul settore delle costruzioni, della lavorazione dei minerali non metalliferi e del sistema moda. E’ il quadro disegnato dal Rapporto 2011 “Impresa e competitività ” realizzato da “Studi e Ricerche per il Mezzogiorno” (Srm) e da “Osservatorio Banche – Imprese di Economia e Finanza”
Una strategia di sviluppo del Paese che punti su tre “I”: innovazione, internazionalizzazione e infrastrutture, insieme al perseguimento di una adeguata politica di aggregazione da parte delle imprese e di un’incisiva strategia delle istituzioni rivolta alla valorizzazione del Made in Italy. E’ la soluzione prospettata nel Rapporto 2011 “Impresa e Competitività “, realizzato da Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Srm) e da Osservatorio Banche – Imprese di Economia e Finanza (Obi) per risollevare le difficoltà riscontrate nelle aziende del Mezzogiorno appartenenti ai settori del manifatturiero, delle costruzioni, dei servizi Ict e turistico-ricettivi. Nel Rapporto, che evidenzia le difficoltà delle aziende prese in esame, emerge che la persistente debolezza della domanda interna fa si che la ricerca di opportunità sui mercati internazionali non rappresenti più per le imprese una semplice strategia per una maggiore crescita, ma condizione per la loro sopravvivenza e per il futuro stesso della manifattura nel Mezzogiorno. Il Rapporto sottolinea anche che un altro problema per la crescita delle imprese del Mezzogiorno è quello relativo alle ridotte dimensioni delle imprese che porta solitamente a un maggior costo del finanziamento bancario, di difficoltà di accesso a forme di finanziamento alternative, di ridotta propensione all’export e di limitata capacità d’investimento. Le altre “esternalità negative” che completano il quadro delle problematiche da affrontare sono la carenza di infrastrutture, la scarsa efficienza della pubblica amministrazione e il mancato incontro tra domanda e offerta nel campo della ricerca e della formazione. L’andamento delle imprese meridionali risulta essere diffusamente negativo con particolare riferimento sul settore delle costruzioni, della lavorazione dei minerali non metalliferi e del sistema moda. E’ il quadro disegnato dal Rapporto in cui è stata fatta un’analisi delle dinamiche che riguardano le imprese delle otto regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia), appartenenti ai settori del manifatturiero, delle costruzioni, dei servizi Ict e turistico-ricettivi. Nel rapporto si evidenzia che per la quasi totalità delle 4200 imprese analizzate come campione rappresentativo ci sia una particolare difficoltà dovuta soprattutto alla domanda finale debole, in particolare sul mercato interno. Gli andamenti meno negativi in termini di fatturato si registrano nei comparti meno sensibili all’andamento del ciclo (agroalimentare soprattutto, ma anche chimica di base e, in misura minore, industria petrolifera) mentre risultano in particolare difficoltà la filiera delle costruzioni, dalla lavorazione dei minerali non metalliferi al settore edile vero e proprio, particolarmente in Sardegna e Puglia. Un altro elemento chiave che indica le difficoltà di molte aziende del meridione e’ relativo all’eccesso di capacita’ produttiva. Tale situazione è presente in particolare nel settore turistico (che tuttavia registra un fatturato mediamente stabile), in quello edile e nel settore del legno-arredo di Puglia, Basilicata e Calabria. Nel rapporto si sottolinea anche che i risultati di mercato poco incoraggianti uniti all’eccesso di capacità produttiva si riflettono sull’andamento dell’occupazione nel 2010 che risulta in calo nei quattro settori presi in esame. Particolarmente pesante la perdita occupazionale nell’industria delle costruzioni (-7%), nel comparto della lavorazioni dei minerali non metalliferi (-5,3%) e nel sistema moda (tessile-abbigliamento-calzature, tra il 4% e il 5%), settori in cui più diffusamente si sono registrati fatturati in calo e capacità produttive in eccesso. Gli unici casi in cui si sono registrati dei risultati non negativi sono quelli legati alle imprese dell’Ict e per quelle con almeno 250 addetti. Esse riducono con minore intensità gli organici nel 2010 e, nei settori avanzati, riescono a mantenerli inalterati. Per quanto riguarda il 2011 la perdita occupazionale prosegue anche se con minor intensità in tutti i settori analizzati a eccezione dell’Ict in cui il processo di riduzione dell’organico dovrebbe fermarsi.