Una stella che nasconde un baby pianeta in formazione, forse il più giovane mai osservato prima. È l’ultima scoperta del Karl G. Jansky Very Large Array (VLA), il gigante osservatorio astronomico costituito da ben 27 antenne paraboliche disposte a forma di Y nella regione sudoccidentale del New Mexico.
I potentissimi radiotelescopi del VLA hanno puntato i loro occhi verso una porzione di cielo a circa 450 anni luce dalla Terra, mettendo a fuoco una stella chiamata HL Tau. Le cui caratteristiche hanno portato i ricercatori a pensare che dietro di lei si nascondesse un pianeta ai primissimi stadi della sua formazione.
Una scoperta che, se confermata, sarebbe rivoluzionaria per lo studio dell’evoluzione dei sistemi planetari: osservare pianeti in formazione è infatti un’opportunità rara se non unica.
Ma facciamo un passo indietro. HL Tau e il suo disco erano in realtà da un po’ “osservati speciali” del cielo: individuati per la prima volta nel 2014 grazie all’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), avevano già fatto pensare alla possibile presenza di un pianeta. ALMA aveva infatti prodotto un’immagine che mostrava come dei “vuoti” all’interno del disco: un effetto presumibilmente causato da un corpo celeste simile a un pianeta che perdeva materiale attorno alla sua orbita, oscurando in questo modo il disco.
Se però la porzione esterna del disco era stata individuata chiaramente dal radiointerferometro cileno, nulla ancora si sapeva della zona più interna del disco, più vicina alla stella.
Ed è proprio questa la regione osservata da VLA, i cui radiotelescopi possono ricevere lunghezze d’onda maggiori.
Il risultato è stato l’immagine più precisa mai ottenuta del sistema HL Tau, che ha evidenziato la presenza di un grumo di polveri (nell’immagine, clump) nella regione interna del disco. Si tratta di una quantità di materiale enorme: questo grumo, secondo gli scienziati, conterrebbe da 3 a 8 volte la massa della Terra.
E si troverebbe proprio qui la “culla” del pianeta ipotizzato dal team che ha analizzato i dati combinati di ALMA e VLA.
“Crediamo che questo ammasso di polveri rappresenti lo stadio primordiale nella formazione di un protoplaneta – dice Thomas Henning del Max Planck Institute for Astronomy – ed è la prima volta che osserviamo questa fase”.
L’evoluzione dei pianeti è un fenomeno molto più raro da individuare rispetto all’evoluzione delle stelle, di cui abbiamo molte testimonianze. Per questo la possibilità di studiare un giovanissimo pianeta nelle prime fasi di vita sarebbe un’opportunità unica per monitorarne lo sviluppo nel corso degli anni.