Questioni etiche ed aziende in Italia. Secondo 7 esperti di marketing su 10 un brand che prende posizione a sostegno di questioni sociali, politiche o ambientali potrà beneficiare di un aumento di vendite e ricavi. Ciononostante, il 53% delle aziende italiane non si espone in merito. Troppo preoccupati dalla mancanza di un riscontro commerciale positivo o, peggio ancora, dal rischio di un impatto negativo.
È quanto emerge da una nuova ricerca condotta dalla piattaforma globale di recensioni Trustpilot. Gli altri fattori che frenano i brand dall’esporsi in tal senso sono diversi. La cultura aziendale interna (52%) e la mancanza di competenze o di know-how (41%). La confusione in merito alle normative di riferimento (32%) e la rilevanza che il tema riveste per l’azienda (23%).
LA VERSIONE DEI MARKETER
Lo studio, commissionato per il report “Brands that take a stand“, ha coinvolto 600 marketer provenienti da Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Svezia, che operano in quattro diversi settori. È emerso che quanti lavorano per brand di elettrodomestici o di elettronica riescono con più facilità a promuovere una presa di posizione su questioni etiche (61%), rispetto a coloro che lavorano nei settori della moda e della finanza (57%).
L‘81% degli esperti di marketing nostrani concordi sull’importanza di dimostrare la propria vicinanza alle questioni etiche. Il 45% afferma che in questo modo si possono guadagnare nuovi clienti. La mancanza di consenso interno, però, spesso frena queste ambizioni.
Non solo. Il 36% dei marketer italiani intervistati ritiene che la mancata presa di posizione su questioni etiche possa essere dannosa per l’azienda. Con recensioni e valutazioni negative. Il 31% ammette che non esporsi in merito può far frenare le vendite.
Alicia Skubick, Chief Marketing Officer di Trustpilot
“La nostra ricerca invita i brand ad interagire con frequenza e ad approcciarsi con onestà ai consumatori: i brand che esprimono il proprio sostegno in merito a questioni sociali, ambientali e politiche devono farlo in modo autentico, solo così potranno fidelizzare i consumatori più attenti, che altrimenti tenderanno ad allontanarsi, complici anche i social media e le recensioni che giocano un ruolo sempre più centrale nelle decisioni d’acquisto”.
LA VERSIONE DEI CONSUMATORI
Eppure, secondo lo stesso studio, il 97% dei consumatori del Bel Paese afferma – in modo quasi plebiscitario – che l’onestà e la trasparenza di un’azienda rappresentano un fattore decisivo nelle decisioni di acquisto, e oltre la metà degli intervistati italiani (54%) dichiara di prendere in considerazione la posizione di un’azienda sulle questioni etiche prima di effettuare un acquisto.
Non solo, secondo un’indagine condotta su 7.000 consumatori, il trattamento ingiusto dei dipendenti e dei fornitori, il greenwashing e il servizio clienti scadente sono i principali fattori di disaffezione all’acquisto.
La stessa indagine mette in evidenza le principali fonti utilizzate dai consumatori per verificare l’etica e i valori di un’azienda. Nella top three: le piattaforme di recensioni (53%), i social media (40%) e gli amici e i familiari (32%), a dimostrazione della crescente influenza che i consumatori hanno sulle abitudini di spesa degli altri consumatori, rispetto alle fonti più tradizionali come la TV e la radio.