Si tratta di fastidiosi ronzii o fischi avvertiti dal paziente che non cessano mai, chi soffre di questo disturbo è perennemente sottoposto a dei “rumori di fondo” che condizionano incessantemente l’attività quotidiana e causano, non di rado, notevoli difficoltà di adattamento.
Il disturbo riguarderebbe una percentuale che va dall’ 11,9% al 30,3% della popolazione generale, pare che raggiunga i livelli più elevati fra 60/69 anni per poi attestarsi su percentuali costanti e, in alcuni casi, tende alla diminuzione.
Esistono chiaramente dei fattori che tendono a far aumentare la probabilità di sviluppo dell’acufene, una recente ricerca pubblicata sull’Americano Journal of Medicine si è occupata di analizzare un campione di 15 mila soggetti con acufeni e ha individuato alcuni fattori che possono portare al disturbo, fra questi, l’abbassamento dell’udito, l’esposizione costante a rumore, patologie come l’ipertensione, cardiopatie e problemi di tipo circolatorio e, addirittura, disturbi riguardanti la sfera psicologica quali l’ansia, lo stress o la depressione. Fattori, questi, che possono essere individuati come alla base dell’acufene.
Per molto tempo questo disturbo non ha destato molto interesse, tuttavia, grazie alle nuove informazioni in materia è possibile analizzarlo da più sfaccettature. Il Tinnidus o acufene, in realtà è un sintomo, non un vero e proprio disturbo, per cui è basilare andare alla ricerca della causa e agire su quella.
Esistono sostanzialmente tre macro-categorie di acufeni: quelli audiogeni supportati, dunque, da patologie dell’apparato uditivo, in questo caso è necessaria una terapia farmacologica che agisca sulla sfera acustica; gli acufeni somatosensoriali i quali, invece, dipendono da alterazioni dell’apparato muscolo-scheletrico e, in questo caso, bisognerà trattare le zone cervicali e mandibolari dopo un’accurata valutazione; ci sono poi quelli psicogeni legati ad alterazioni della sfera psicologica dell’individuo interessato, per questi, è necessaria una consulenza di settore. Le diverse tipologie di acufene possono anche coesistere e sovrapporsi nel paziente, dunque, per essere il più preciso possibile il percorso terapeutico dovrà essere multidisciplinare.
Si tratta di un disturbo davvero “fastidioso”, questo, perché non esiste una vera e propria terapia farmacologica, gli unici farmaci che possono essere utilizzati sono per lo più sostanze ad azione antiossidante e integratori generici che aiutano soltanto a mantenere l’omeostasi dell’orecchio interno e sono quindi indicati negli acufeni indotti da danno uditivo, dunque, non apportano sostanziali migliorie al paziente.
Esistono, tuttavia, dei percorsi di tipo riabilitativo che permettono di alleviare il disturbo attraverso la Terapia del Suono. Questa, si basa su un concetto molto semplice: cercare di desensibilizzare l’udito “all’ascolto del ronzio” attraverso la somministrazione di suoni considerati terapeutici. Questo dovrebbe generare una maggiore tolleranza nei confronti del tinnidus. Molte volte accade che, nonostante la causa del disturbo venga debellata, l’acufene permanga per molto tempo, questo, si verifica poiché l’esperienza del tinnidus genera automaticamente nuove reti sinaptiche collegate sia alla memoria che alla sfera emotiva. Per resettare l’acufene è necessario resettare queste sinapsi e ciò richiede un tempo non brevissimo. Nell’attesa che il disturbo “no disturbi più” è bene, dunque, accettare di buon grado quei piccoli miglioramenti ottenuti grazie alla terapia effettuata e rilassarsi magari con qualche suono terapeutico o che favorisca il relax.