Per l’appuntamento odierno di Setteversi vi proponiamo quattro racconti brevi. Questi testi, scritti da vari autori, prendono ispirazione dall’illustrazione di Clelia LeBouef. Buona lettura.
“Alle dieci pasta e ceci” di Giuseppina Palese
Alle dieci…un bel piatto di ceci. Nel cortile del piccolo condominio, tre piani con due appartamenti per piano, un bambino, nell’ora più afosa e sonnolenta del pomeriggio, lanciava la palla contro la facciata anteriore della casa, recitando a voce alta e monotona, a ogni tiro, un verso della filastrocca, sempre la stessa, ripetuta fino all’esasperazione:
“Alla una, esce la luna,
Alle due, esce il bue
Alle tre, esce il re” Dall’appartamento a destra al primo piano, a un certo punto, si affaccia “lo scheletro”, la zitella Adele, così soprannominata per la sua incredibile magrezza: “Carle’, ancora non ti stanchi? Con questo caldo ho bisogno di dormire e tu a battere sul muro – e tump, tump tump! – E chi dorme?” Carletto abbassò la testa un po’ intimidito e si fermò, col pallone fra le mani, incerto se obbedire e tornarsene nel suo appartamento al terzo piano a sinistra. Non volendo ignorare la donna, stette ad aspettare gli eventi. Ed ecco apparire dalla finestra dell’appartamento a fianco la vedova Strilli: “Adele, Adè, come va? E non te la prendere col ragazzino: alla fine è un bambino. C’è l’asino sopra di me che sta tutto il giorno a battere. Chissà che si sta martellando!” “L’asino, eh? Se Enrico sapesse che lo chiami così!” “E come lo devo chiamare, che sembra si metta gli zoccoli per galoppare per casa da mattina, senza rispetto per nessuno!” E guardando l’altra, che gli faceva segno di abbassare la voce: “E se mi sente che sarà mai? E’ la verità!” Carletto, sentendosi ignorato, riprese la sua cantilena: “Alle sei, esce lei” La signora Matilde del terzo a sinistra lasciò la cena sul fuoco e passò all’appartamento a fianco: “Marì, mi colgo un limone dall’albero di quella del piano di sotto – tra un po’ dovrò salire sul terrazzo per farlo, senza disturbare te: ‘sto bosco verticale cresce, eh?” “Non dirlo a me, Matilde mia: va bene che colgo limoni freschi quando mi servono, e gratis, ma quest’albero mi toglie la visuale. “Alle dieci, un bel piatto di ceci” “E basta ora, Carletto: mi viene il mal di testa”.
Carletto, con un sorrisetto imbarazzato di circostanza, alza la testa per vedere la faccia dello scheletro e studiarne l’espressione: forse se la guarda con la faccia delusa, gli permette di ricominciare con la luna, con il bue… un’altra serie di lanci; ma ecco che sbianca di colpo, vedendo uscire dalla finestra di casa sua, terzo piano a sinistra una scia di fumo e si mette a chiamare: “Mamma, mamma! Mamma, c’è il fuoco in casa!” Si scatena il putiferio, con Matilde che corre fuori dalla casa dell’amica, con suo prezioso limone stretto in pugno: “I ceci, i ceci! Erano quasi cotti e si è asciugata l’acqua: dovevo aggiungerla bollente per buttare la pasta! E ora dovrò rifare la cena!”
“Alle dieci pasta e ceci”
Universi paralleli di Flavio Ferraro
Si affacciava all’alba quando il giorno era ancora un’idea per guardare quella palazzina che gli mostrava le persone nell’intimità della loro anima. C’era lo studente del secondo piano maestro del copiare che era un perfetto somaro e la casalinga del primo piano che, stanca della sua quotidianità, si perdeva in avventurosi e licenziosi pensieri mentre l’ipocondriaco omino suo vicino si immaginava già morto. Da una finestra dell’ultimo piano si vedeva uscire solo fumo, quello di una vita distrutta dalle scelte disastrose di chi si credeva perfetto. Rivedendo nella normalità quella gente per strada si chiedeva sconcertato “ma noi chi siamo veramente?
“Stavota si vince” di Vania Lauri
Peppiniello, in cerca d’ispirazione per l’appuntamento con la fortuna, si ripete come una litania.
“Chesta vota vinco”. Mentre s’appressa alla ricevitoria del lotto volta gli occhi in sù e, Maronna mia! Chi ti vede?!?I numeri della schedina affacciati alle finestre: 36 l’asino, 21 la donna, 47 il morto e 50 il numero del condominio . Quello che fa più impressione a Peppiniello è lo scheletro che, a dispetto dell’apparenza, sembra godere ottima salute. Anzi, inaspettatamente lo saluta tutto contento: “buongiorno buon uomo”. A quelle parole Peppiniello aggiunge il quinto numero alla giocata: 48 morto che parla. E affretta il passo verso la ricevitoria.
“Una vite per la vita” di Raffaele Abbate
Percorsi senza esitare la lunga scalinata sino alla terrazza arrivai alla ringhiera Il palo dell’antenna era piegato verso l’esterno. Come amministratore mi tocca ripararlo Mi sporsi per tirarlo all’interno E fu lì che mi resi conto con terrore di tre cose. Praticamente simultanee la prima era che non ero io sulla terrazza ma il mio spettro, l’enorme lampione dietro di me non rimandava alcuna ombra la seconda è che ero disteso giù nel cortile cadavere con il palo dell’antenna infilato nella schiena, la terza che ero caduto perché una vite del palo era male imbullonata.
Una vite per la vita
Illustrazione di Clelia LeBouef