Il sistema giuridico italiano , sino al 2012, prevedeva una procedura abbastanza corposa: chi intendesse cambiare il proprio cognome o aggiungerne un altro.
La variazione doveva essere autorizzata dal Ministro dell’Interno tramite apposita istanza al Prefetto della Provincia di residenza. Prefetto, che aveva cura di inoltrare l’istanza al Ministero allegandovi il proprio parere, in genere la pratica si concludeva in un anno.
La situazione è cambiata con l’emanazione del Decreto Presidenziale del 24/02/2012.
Il decreto ha notevolmente snellito la procedura stabilendo che chiunque volesse modificare il proprio cognome o aggiungerne un altro dovrà farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce. La richiesta deve essere ora presentata direttamente al Prefetto riducendo notevolmente i tempi d’attesa.
Le polemiche degli ultimi mesi, però, hanno generato non poco scalpore relativamente all’argomento tanto, tanto da riportare la questione in Aula alla Camera, la quale ha di recente approvato la proposta sul doppio cognome.
La Camera dei deputati ha, dunque, detto “si” al doppio cognome, i genitori potranno accordarsi sul cognome da far registrare per primo ma, in caso di dissidio, prevarrà l’ordine alfabetico per l’assegnazione, concedendo al figlio, che abbia compiuto il diciottesimo anno di età, la scelta di uno dei due cognomi o entrambi.
La legge dovrà approdare ancora in Senato con tutti i tempi e gli strascichi del caso.
La legge si adeguerebbe perfettamente a una delle sentenze della Corte di Giustizia Europea contro la discriminazione della legislazione italiana nei confronti delle mamme nazionali in materia.
Intanto, la polemica impazza, gruppi conservatori e gruppi favorevoli all’innovazione sono in totale guerra. C’è chi addirittura attribuisce a questa legge il rischio di un futuro sgretolamento dell’identità familiare, come l’Onorevole La Russa, che ha dichiarato “I padri avranno cognomi diversi dai nipoti, i nonni non ritroveranno più il loro cognome nei figli dei loro figli, per non parlare degli zii e dei cugini che già nella società attuale finiscono per essere, qualche volta, estranei”.
E’ chiaro che la legge nel momento in cui concede la libertà, al compimento del diciottesimo anno di età, di scegliere uno fra i due cognomi o di conservarli entrambi, si inserisce perfettamente nel più ampio quadro della libertà di espressione personale e di scelta individuale di cui l’Europa e, pressappoco tutte le nazioni che ne fanno parte, cercano di adottare.
La parte italiana afflitta dall’estremismo conservativo, purtroppo, si sente depauperata e spodestata della propria identità.
E’ sicuro che l’identità familiare o la storia relazionale di una stirpe non è certo composta da parole, il senso di appartenenza non può essere ricondotto unicamente a un cognome e poi: si appartiene solo al padre? Dopotutto, siamo tutti figli dei nostri genitori.
Quello che nuoce alla società non è certo il cambiamento o l’apertura a nuovi orizzonti ma l’abusivismo delle pratiche sociali in nome della libertà personale. In questo, come in tutte le cose, è la ratio di un’azione a fare la differenza. Se mi cambio il cognome da Porcello a Porcellese ho una ragione che possa essere individuata e inquadrata nella etimologia della parola porcello, ma se cambio il mio cognome solo per vanità o scelgo il doppio cognome per una bella firma “ancien regime”, allora questa legge, come tante altre e l’intero sistema, vanno a farsi benedire con tutte le conseguenze del caso.
La ratio della legge, tuttavia, vuole e intende configurarsi come volontà di dare il giusto peso alle madri italiane, che, diciamocela tutta, faticano pure un bel po’ per mettere al mondo i propri figli.
Se si pensa alle ragioni che portano avanti i sostenitori della nuova legge, la fascia conservatrice non ha di che temere, si tratta soltanto di eliminare ogni forma di discriminazione fra i due genitori ed è escluso, dati i limiti imposti dalla proposta, che si arrivi all’autodeterminazione dei sé, come alcuni contrari paventano.
Lo scoglio del senato non sarà duro da superare per la “Legge di Civiltà” , poiché si costringerebbe l’Italia a scardinare uno dei suoi concetti fondamentali: quello del “pater familias” per dare il giusto spazio alla famiglia intesa nella sua totalità e pari dignità di uomo e donna.
Se i doppi cognomi dovessero essere “troppi” la legge prevede che siano gestiti da un software ad hoc. Un dubbio viene: non è che l’approvazione di questa legge e di altre come questa siano troppo innovative per l’Italia? Non è che l’apertura comporta progresso? Non è che il progresso comporta investimenti e metodi nuovi? Ma non è che rischiamo di abbandonare le vecchie e tanto care pratiche burocratiche per un sistema più evoluto e snello? Ma no! Siamo in Italia dopotutto, ma proprio perché siamo in Italia è giusta tanta fatica, distrazione e impegno solo per un cognome in più? Abbiamo chiesto ad un padre di due bambini di 10 e 12 anni cosa ne pensa della legge e, molto candidamente, ha ammesso “Non me ne importa proprio niente e penso nemmeno ai miei figli, un cognome in meno o in più non farà la differenza, ma sono sicuro che se si adoperassero per un futuro migliore piuttosto che fare confusione dietro a certe futilità, i figli dell’Italia ne sarebbero più soddisfatti.” Una frase che si commenta da sola.