Quest’anno si è svolta l’Olimpiade estiva di Rio (la 31a dell’era moderna), dove ormai la partecipazione di atleti professionisti non fa più notizia. Eppure, tanti anni fa, all’Olimpiade di Atene del 1896, la prima dell’era moderna, ad un atleta italiano non fu concessa la partecipazione ai giochi: non era “amateur” nella concezione del fondatore delle Olimpiadi moderne, ossia De Cubertin, ma un professionista, solo perché in una gara vinta aveva ricevuto una somma di denaro.
Il Personaggio
Questo sfortunato atleta si chiamava Carlo Airoldi. Era nato a Origgio, in provincia di Varese nel 1869 e morì a Milano, stroncato dal diabete nel 1929, a soli 60 anni. Airoli non accettò mai quella decisione: «Per un giovane che nulla possiede come me, all’infuori del coraggio e che ha quasi la certezza di arrivare primo è un bel dispiacere. Al Comitato feci valere le mie ragioni, dicendo che in Italia lo sport pedestre non è sviluppato abbastanza per poterlo fare di mestiere, e che il denaro che presi a Barcellona fu una regalia del Municipio, come si è fatto per il vincitore della Maratona, ma tutto fu inutile […] Dopo tutto mi consolo perché a piedi vidi l’Austria, l’Ungheria, la Croazia, l’Erzegovina, la Dalmazia e la Grecia, la bella Grecia che lasciò in me un ricordo indelebile. Mi consolo pensando agli allori riportati in Francia e Spagna, ma se per quel viaggio partii in giovedì per questo partii in venerdì e in Venere ed in Marte né si sposa né si parte. Ora però tutto è finito e fra poco sarò a Milano» (Carlo Airoldi, in «La Bicicletta», anno III, n. 35, p. 2, 18 aprile 1896). Podismo e maratona erano le sue specialità atletiche ghirlandate da successi quasi epici in odore di leggenda. Era anche un po’ strano Airoldi: il 4 settembre 1898 a Zurigo gareggiò contro un cavallo correndo i 5.000 metri in 19:45, sfidò, nel 1894, il leggendario Buffalo Bill e i suoi cavalli al “Trotter” di Milano uscendone vincitore.La sua prima vittoria avvenne il 22 luglio 1894 nella Lecco-Milano (50 chilometri). Seguirono poi i successi nella Milano-Torino e nella Zurigo-Baden, ed infine la fatidica Milano-Barcellona, come vedremo più avanti, indetta dai “Pionieri della Pace” di Torino. Le sue gesta occupavano le prime pagine dei giornali anche in quel 1896, anno della prima Olimpiade, ma questa volta non per chissà quale fantastica impresa sportiva, ma per un fatto che lasciò gli italiani e lo stesso Airoldi, come si dice, “a bocca aperta”, esterefatti.
Fatti storici
Riportiamo qui i fatti fornendoci della notizia riportata dalla «Gazzetta dello Sport» di quel periodo, ora riproposta, a firma di Elio Trifari, nel numero del 4 aprile 2004: «Carlo Airoldi era un lombardo di Voghera, figlio di un fabbro, residente a Origgio nel Varesino: quel 3 aprile 1896 fu convocato dai giudici del comitato organizzatore di Atene, che gli comunicarono d’aver respinto la sua iscrizione ai Giochi in quanto non era «amateur». […] Airoldi rimase di sasso. Gli fu contestato un premio in denaro, 2.000 pesetas, guadagnate con la vittoria nella Torino-Marsiglia-Barcellona del 1895, 1.050 km in 12 tappe, vinta portando a spalla il francese Ortegue [il suo maggiore rivale] stramazzato a 2 km dal traguardo, esausto [tagliato per primo il traguardo, urlò in direzione della giuria “Io sono primo: l’avversario è con me, ed è secondo!”]. Airoldi arrotondava con le corse i guadagni del padre fabbro: aveva vinto la Lecco-Milano di 50 km, ottenuto il mondiale ufficioso su pista dei 25 km, e corso i 40 km in due ore e 35 (il vincitore di Atene ne impiegò quasi 3). E per andare ad Atene aveva accettato la sponsorizzazione di un periodico lombardo, “La Bicicletta”, che gli aveva finanziato il viaggio a piedi: 26 giorni da Milano a Dubrovnik, uccidendo anche tre lupi, poi in battello. Arrivò il 31 marzo dopo 1.338 km e fu escluso».
Letteratura, teatro,musica
Una storia dimenticata ma che è tornata alla ribalta grazie all’opera teatrale e musicale 1896 – Pheidippides… corri ancora!, di Luca Belcastro, un’opera in tre atti; e alla pubblicazione del volume di Manuel Sgarella, uno dei rari libri sull’atleta varesino, La leggenda del maratoneta. A piedi da Milano ad Atene per vincere l’Olimpiade (Macchione editore, 2005, pp. 144), storia che, in realtà, si accenna ad ogni inizio Olimpiade, per poi lasciarsi cadere nell’oblio dei ricordi, per chi ricorda! Airoldi, prima di essere un grande atleta da un fisico d’acciaio, era un grande uomo poco conosciuto che non si arrendeva mai e non abbassava mai la testa, una tempra e una “testardaggine” d’altri tempi come certificata dalla sua ferrea volontà di partecipare all’Olimpiade. E avrebbe senz’altro fatto incetta di medaglie perché Airoldi nelle sue discipline non aveva rivali. Per ovviare al torto, il regnante di Grecia, Giorgio I, offrì all’italiano una ricompensa, fermamenterespinta con orgoglio da Airoldi: «Nonostante quello che si pensa da queste parti, maestà, gli atleti italiani nonsi vendono».
Ingiustizie
Insomma Airoldi fu una delle prime vittime dell’ingiustizia all’interno dello sport, il quale dovrebbe basarsi su sentimenti di sani principi, quali la lealtà, l’accoglienza, l’integrazione, la solidarietà, la passione. Invece al nostro Airoldi tutto questo fu negato per aver intascato un assegno come premio di una vittoria. Ma in realtà perché la Grecia puntava sulla vittoria di un suo atleta e uno come Airoldi, forte e temuto, non avrebbe avuto rivali che gli tenessero testa. Per la cronaca vinse proprio un greco, un tale Luis. Altri tempi, altre ragioni d’esistere: oggi, un atleta se non lo paghi anche con cifre importanti non partecipa neanche a quella manifestazione dove vige il motto decubertiniano “l’importante è partecipare”, ossia l’Olimpiade. Chissà cosa avrebbe detto Pindaro delle Odi olimpiche? Credo sia meglio non disturbarlo!