In Italia il lavoro è diventato una forma di predicazione, un miraggio che pone seriamente a rischio il futuro dei figli di milioni di famiglie. Secondo un’indagine effettuata da Save the Children in collaborazione con il Dipartimento per la Giustizia Minorile,sono 260.000 pre-adolescenti costretti a lavorare per aiutare le famiglie in gravi difficoltà economiche e senza lavoro. Il futuro inizia dallo sfruttamento, necessario e senza età. Sono ragazzi senza infanzia e con l’aggravante di una responsabilità familiare che nuoce gravemente alla loro salute e alle aspettative per il futuro. Dalla ricerca partecipata che ha coinvolto 163 minori a Napoli e a Palermo, i baby lavoratori iniziano molto presto, anche prima degli 11 anni (0,3%), ed è con il crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni a rischio di sfruttamento e senza alcun tipo di salvaguardia per la salute, di sicurezza e integrità morale. Una fascia d’età particolare che comporta una serie di cambiamenti tra cui il passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei più alti tassi di abbandono scolastico d’Europa (18,2 contro una media EU27 del 15%).
Sono numeri che parlano e che dovrebbero lasciare segni sulle coscienze, essere una testimonianza di quanto l’Italia sia diventata il paese dello sfacelo e dell’indignazione. Si, perché al di là dei numeri che descrivono un fenomeno non marginale e in continuità da un punto di vista quantitativo, il lavoro minorile non fa differenze di genere, il 46% dei minori 14-15enni che lavorano sono femmine. Le esperienze di lavoro dei minori di questa fascia d’età sono per la maggior parte occasionali (40%), ma 1 su 4 lavora per periodi fino ad un anno. La sfera familiare è l’ambito nel quale si svolgono la maggior parte delle attività. Il 41% dei minori lavora nelle micro o macro imprese di famiglia, 1 su 3 si dedica alle attività domestiche in maniera continuativa, spesso entrando in conflitto con gli orari scolastici, il 14% di minori presta la propria attività al di fuori dell’ambiente familiare. ( settore ristorazione 18,7%; vendita stanziale o ambulante 14,7%; lavoro agricolo e di allevamento animali 13,6%, lavoro in cantiere 1,5%; babysitter 4%).
Raffaella Milano, Direttore Programmi Italia- Europa Save the Children , dichiara: l’indagine mette in evidenza come la crisi economica in atto rende ancora meno negoziabili le condizioni di lavoro dei minori, esponendoli ad ulteriori rischi. Dalle voci dei ragazzi raccolte con la ricerca partecipata, emerge il forte legame tra lavoro minorile disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali . Dunque, Si comincia con le difficoltà a scuola e la frequenza discontinua che, a sua volta, genera scarsi risultati e la spinta ad abbandonare lo studio e iniziare a lavorare. Un lavoro che però il più delle volte si rivela illegale, saltuario, sottopagato, non qualificante e, nelle forme peggiori, duro fino alla violenza e allo sfruttamento. Un’esperienza da cui i ragazzi potrebbero decidere di “liberarsi” scegliendo la strada dell’illegalità e delle attività illecite Inoltre, la maggior parte dei minori intervistati afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15 anni, parallelamente all’acutizzarsi di problemi a scuola, culminati spesso in bocciature e abbandoni. Per quanto riguarda i reati commessi, si tratta per lo più di reati contro il patrimonio (54,5%, furto e rapina), seguono quelli contro la persona (12,7%, lesioni volontarie), contro l’incolumità (9%) e le istituzioni (6%).
Sorge la necessità, secondo quanto dichiarato da Save the Children, di un Piano Nazionale sul Lavoro Minorile che se da una parte prevede un sistema di monitoraggio per tenere sotto controllo il fenomeno, dall’altro consente l’intervento, l’azione mirata sulla prevenzione e sul contrasto del lavoro illegale. Quasi 1 bambino su 3 sotto i 6 anni vive ai limiti della povertà e il 23,7% è in uno stato di deprivazione materiale, per questo riteniamo che tra le misure preventive del Piano si debba ad esempio includere l’estensione a tutte le famiglie di questi minori dei benefici della Carta Acquisti appena varata in via sperimentale, facendo sì che i percorsi di inclusione sociale abbinati alla Carta prevedano la frequenza scolastica e la prevenzione del lavoro minorile, ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. Chiediamo che venga favorito il raccordo scuola-lavoro e si promuovano le esperienze più professionalizzanti. Per i ragazzi che vivono in aree ad alta densità criminale sorge la necessità di promuovere “aree ad alta densità educativa”, basate sull’offerta attiva di opportunità e spazi qualificati per i più giovani, a scuola e sul territorio. La prima straordinaria riforma di cui ha bisogno il nostro Paese è quella dell’istruzione.
La legalità non è solo riscatto etico del Paese, mobilitazione sociale e civile, è una grande risorsa economica.