Il tema dell’inclusione relativo all’orientamento affettivo, sessuale e all’identità di genere rappresentano un diritto dell’individuo. L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, stima che almeno il 5% della popolazione del nostro pianeta, si identifichi come appartenente alla comunità LGBT+.
Per quanto si stiano facendo dei passi in avanti su questo tema, c’è ancora molto da fare.
Uno degli ambienti più importanti per l’inclusione è proprio il luogo di lavoro. Qui possono nascere involontarie discriminazioni verso la comunità LGTB+. E’ per questo che diventa fondamentale lavorare su una cultura aziendale di inclusione e di equità.
Igor Suran è il Direttore Esecutivo di Parks- Liberi e Uguali, associazione senza scopo di lucro che collabora con aziende impegnate nell’inclusione LGBT+ nei luoghi di lavoro. Il direttore Suran ci racconta in questa intervista, come la loro associazione, contribuisca ad aiutare le aziende verso una cultura di inclusione ed equità.
Direttore di cosa si occupa la vostra Associazione, Parks-Liberi e Uguali?
Parks lavora con tutti i datori di lavoro che vedono nella promozione dell’inclusione e della diversità LGBT+ l’opportunità di creare valore. Per chi ci lavora e si identifica come lesbica, gay, bisessuale o transgender e per chi non lo è, ma desidera lavorare in un ambiente inclusivo e rispettoso. Noi aiutiamo le aziende nella creazione di ambienti di lavoro, dove chi è LGBT+ potrà vivere a pieno la propria professionalità, senza nascondere la propria identità. Ambienti che non mettono a disagio chi non comprende ancora il valore di questa narrativa, per motivi legati alle esperienze di vita, alle tradizioni e alla cultura. La nostra azienda ci deve aiutare a capire attraverso: norme, politiche interne e allo sviluppo di una cultura inclusiva e di rispetto. Ci deve motivare verso un tema delicato, difficile e stigmatizzato, che fino a ieri non faceva parte della vita e dei pensieri di molti/e di noi.
Secondo lei in Italia c’è ancora molto da fare sull’inclusione LGBT+ come cultura aziendale?
Parlare di questi temi dieci anni fa quando Parks veniva fondata sembrava un’idea utopica e distopica. Un tema così privato che appartiene alle sfere più intime della propria vita! Ma oggi sempre più aziende riconoscono che tutte e tutti noi abbiamo un orientamento affettivo e un’identità di genere. La maggioranza tra noi ha sempre potuto parlare della propria vita, mentre chi si identificava come LGBT+ spesso doveva inventarsene una parallela, per la paura di essere discriminati ed esclusi. Oggi le aziende, forti del riconoscimento di alcuni diritti acquisiti, come ad esempio la Legge sulle unioni civili, implementano le politiche interne che mirano a complementare : la protezione contro i comportamenti e il linguaggio discriminatorio, la protezione per i genitori dello stesso genere non riconosciuti, la gestione della transizione di genere. Sì, c’è ancora molto da fare, soprattutto per quanto riguarda la cultura e la consapevolezza.
Quali sono le parole o gli atteggiamenti che in un ambiente di lavoro ostacolano l’inclusione?
L’ostacolo principale è l’inconsapevolezza che alcuni comportamenti e parole possano ferire chi le vede e le ascolta. Gli stereotipi e i pregiudizi. Spesso le battute con le quali vogliamo far ridere infrangono i cuori. Noi che non dobbiamo difendere quello che siamo, abbiamo il privilegio e il potere di dare una mano a chi deve difendersi tutti i giorni. La forza delle parole non sta nella nostra mente ma in quella di chi ci ascolta. Guardiamo oltre lo specchio, cerchiamo di capire chi è attorno a noi, ascoltando e imparando. Apriamoci a mondi fino a ieri sconosciuti. Diamo voce e visibilità a chi oggi non ce l’ha. Non chiedermi se porterò mia moglie alla festa aziendale, invitami con le parole giuste a portare chi per me rappresenta la mia vita affettiva.
Ci racconta un episodio nella sua vita professionale in cui ha sentito fortemente il valore del suo lavoro?
Prima di Parks, ho lavorato per vent’anni nel settore bancario internazionale. Tante soddisfazioni personali e professionali. Però nulla può eguagliare la gioia che sento nel cuore, quando una persona nella sua azienda – quell’uomo che per anni sì era inventato una fidanzata che non c’era, o quella donna che raccontava dell’uomo della sua vita che nessuno aveva mai conosciuto – decide con tanto coraggio di raccontare alla macchinetta del caffè lunedì mattina, con chi ha veramente passato il fine settimana. Sono i momenti che cambiano la vita delle persone.