Countdown al 23 Aprile. Questa sarà la data in cui terminerà la proroga dei contratti dell’Agenzia per l’Italia digitale con quasi tutti gli identity provider ovvero i fornitori privati per lo Spid. Quale sarà ,quindi, il futuro dell’identità digitale nel nostro paese?
Cos’è lo Spid?
SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) è un sistema di autenticazione che consente di accedere a servizi online della pubblica amministrazione e di altri enti, utilizzando un’unica identità digitale.
Con SPID, l’utente può accedere a vari servizi online senza dover creare un account per ogni singolo servizio. Il sistema è stato introdotto in Italia per semplificare l’accesso ai servizi digitali, migliorare la sicurezza e ridurre le procedure burocratiche.
L’identità digitale SPID è costituita da un nome utente e una password, che devono essere utilizzati insieme a un sistema di autenticazione a due fattori (2FA) per garantire un alto livello di sicurezza. Per ottenere l’identità SPID, l’utente deve registrarsi su uno dei provider di identità accreditati dal governo italiano e verificare la propria identità con uno dei metodi previsti, come ad esempio il riconoscimento facciale o l’invio di documenti tramite posta elettronica.
Cosa succederà dopo il 23 Aprile, quale futuro per lo Spid?
Il piano del governo italiano per l’immediato futuro è uno. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha convocato i gestori privati per capire quali sono i margini di trattiva per quanto riguarda il rinnovo dell’identità digitale.
Gli obiettivi del confronto, però, si dividono in due parti ben distinte. La prima riguarda il futuro a breve termine dello Spid per trovare una soluzione di compromesso con i fornitori di identità digitale (TeamSystem, Tim, Register, Sielte, Poste, Namirial, Lepida, Intesa, InfoCert, Aruba ed Etna)in modo da non “spegnere” l’identità digitale.
Perché, nonostante abbiano fatto molto discutere a dicembre le parole proprio del sottosegretario Butti sulla volontà di «porre fine» allo Spid, il governo non ha alcuna volontà di abbandonare, almeno non subito, un sistema che ha funzionato ed è un successo: ad oggi circa 34 milioni le identità Spid erogate e 12.674 le amministrazioni attive. Le prime riunioni all’Agid non sono state risolutive e hanno rilevato le distanze tra le parti. Il passaggio “politico” serve proprio a provare a smussare gli spigoli.
Farsi due conti…
Con i gestori (a rivelare la proroga delle concessioni e il braccio di ferro successivo è stato Wired) c’è un nodo economico da sciogliere, perché le società non ritengono più il contributo dello Stato sufficiente a coprire i costi, anche in base all’esplosione dei volumi (nel 2022 le identità Spid sono cresciute di 6 milioni e gli accessi sono saliti a oltre un miliardo) e rilanciano, chiedendo 50 milioni da ripartire.
Le istanze sono scritte in una lettera di AssoCertificatori, che riunisce la maggior parte dei fornitori, al capo della segreteria tecnica di Butti. La disponibilità del governo a trattare per raggiungere un accordo su una cifra intermedia c’è ed è resa nota da diverso tempo.