I toni dei media sono addirittura trionfanti, alcuni sprizzano giubilo e si sperticano in analisi politiche miste a quelle religiose. L’incontro in Vaticano fra Papa Bergoglio, Abu Mazen e Shimon Peres non è stato organizzato come uno di quei vertici di stato – se ne ricordano a centinaia
ormai- per tentare di trovare una soluzione per il medioriente, per la Palestina, per Gerusalemme. «Chiedo a tutte le persone di buona volontà di unirsi a noi nella preghiera per la pace in Medio Oriente #weprayforpeace» ha scritto il Pontefice in un tweet per chiedere che tutti si uniscano
a loro nella preghiera. Un «vertice di preghiera» dunque, laddove la ragion di Stato non ha potuto nulla se non contare i morti da decenni e decenni. L’invocazione è finalizzata a chiedere una «pace vera e perfetta».Il fervore che ha accompagnato quest’appuntamento è quello ormai d’uso
per le “uscite” pubbliche di questo Papa che catalizza consensi come i fiori le api, old media e new media fanno a botte per mandare in onda e in rete foto, filmati, retroscena, indiscrezioni. Ci avevano provato già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ma solo Papa Francesco ci è riuscito.
Da beceri cronisti ci dovremmo fermare qui e, semmai, registrare tutte le dichiarazioni e le immagini storiche che discenderanno da questo storico incontro e, invece, come al solito c’è qualcosa che stona nel coro delle voci bianche che ci viene proposto – secondo noi, s’intende – e quindi un “breve e bassissimo” ragionamento (non c’entra nulla la Teologia, per carità) vogliamo farlo insieme a voi.
Partendo dal presupposto che stiamo parlando di vili cose terrene, saremmo tutti molto contenti se tutto si potesse risolvere con una preghiera.
Forse ci convinceremmo e c’inginocchieremmo noi per primi, ma sappiamo che non è così: sappiamo che l’intento di Papa Francesco non è questo, faremmo un insulto all’intelligenza di una personalità così alta quale egli si è dimostrato finora. Quello di oggi è un piccolo capolavoro di diplomazia, si sente da più parti. Ciò che sommessamente ci si chiede è: se si è capaci di mettere allo ‘stesso scranno’tre esponenti massimi delle tre religioni monoteiste esistenti e che insistono su Gerusalemme quale Terra Santa e luogo di culto comune per tutti ma posppngono ad essa la Striscia, gli insediamenti, la terra disonorata ed intrisa di sangue in nome non già di un’identità religiosa ma di una tetra predominanza territoriale allora non ci saranno preghiere che tengano ma solo nuovi morti da contare.
Se il Vaticano è capace di tanta opera diplomatica la usi per incidere su quella vergogna umana che è ciò che si perpetua nella Palestina oggi. Troppo comodo rifugiarsi nella contemplazione e nella preghiera, troppo facile ed autoreferenziale mobilitare gli occhi dei media mondiali per dimostrare semplicemente di essere capaci di fare e, poi, non fare proprio nulla. Perchè la preghiera è nulla di fronte a donne e bambini trucidati sistematicamente per le reciproche dimostrazioni di forza ed astuzia legate alla perversità della guerra.
Nessun conflitto si è affrontato e risolto asceticamente, i problemi da affrontare sono reali, di questo mondo non di quell’altro a venire.
La glorificazione di semplici atti legati ad una liturgia asfissiante che privilegia solo la facciata e non la sostanza sono davvero indigeribili.
Lo sappiamo, ci saremo ora tirati addosso una serie di sguardi astiosi o pietosi ma non c’interessa, fate pure ma finchè si continuerà a realizare appuntamenti del genere procrastinando occasioni storiche per incidere veramente; fintanto che si continuerà a percorrere il binario della doppia morale, tipicamente cattolica, fino al momento che questa Chiesa del “militante” Francesco smette di pensare solo a come salvarsi dalla deriva totale che l’ha colpita e ritorni a fare il suo ruolo nelle coscienze e non nelle piazze; fino al quel momento, e se avremo un rigo di spazio lo useremo per dire che se non si cessano le ingiustizie non ci sarà il tempo per pregare.
8 Giugno 2014
QUALE PACE IN PALESTINA?
Scritto da Gianni Tortoriello
Se il Vaticano è capace di tanta opera diplomatica la usi per incidere su quella vergogna umana che è ciò che si perpetua nella Palestina oggi. Troppo comodo rifugiarsi nella contemplazione e nella preghiera, troppo facile ed autoreferenziale