Un omaggio al mondo dello skateboard
Qualche rotella fuori posto di Mattia Bernardini edito da Ali Ribelli è un romanzo “fresco”. Sì, fresco, perché l’autore, attraverso una normale storia di vita quotidiana, vuole far emergere la sincerità e l’onestà dei suoi personaggi, ragazzi che vivono “normalmente”, alla ricerca dei propri sogni e della propria strada. La caratteristica più interessante dei suoi personaggi è la consapevolezza di voler essere se stessi, la determinazione a restare fedeli ai propri codici morali ed etici senza seguire il branco per essere etichettati come “normali”. I protagonisti di Qualche rotella fuori posto di Mattia Bernardini non cercano l’isolamento per mostrare al mondo, con un gesto plateale, di esistere. L’emarginazione è una necessità, un atto di coraggio e una scelta naturale per essere coerenti con se stessi. In questa apparente emarginazione, però, i giovani ragazzi scoprono un mondo parallelo, fatto di persone con cui entrare perfettamente in sintonia. L’emarginazione è quindi affermazione coraggiosa della diversità e della propria libertà, la stessa che si prova salendo su uno skateboard.
Mattia Bernardini è uno scrittore emergente e Qualche rotella fuori posto è la sua seconda “fatica”. Mattia è un ingegnere elettronico e ha una passione sfrenata per la musica. La scrittura ha sempre accompagnato la sua vita e grazie ad una serie di diari custoditi gelosamente nel tempo, è nato Qualche rotella fuori posto.
Qualche rotella fuori posto di Mattia Bernardini
Roberto è uno studente universitario con la passione per lo skateboard. Nonostante sia sincero e fedele al proprio complesso codice etico, o forse proprio a causa di questo, si scontra quotidianamente con difficoltà di ogni genere. Franco, il suo migliore amico, è uno spaccone di quelli buoni, e dietro un velo fatto di battute e apparente indifferenza nasconde un animo profondo e perspicace. Incapaci di stare lontano dai guai, i due non fanno che affrontarsi in quelle che chiamano “gloriose sfide”, ufficialmente per spartirsi un premio, in profondità per dare adito ai loro sogni più nascosti.
Per i due protagonisti l’emarginazione è una scelta consapevole, vista sotto una nuova luce di rivalsa, intesa come liberazione dai rapporti superficiali.
Questo è ciò che si pensa inizialmente almeno, il postulato da cui parte tutto. Il futuro invece è ignoto e avvolto da una fitta nebbia, che a tratti spaventa pure un po’.
Ma la paura non può frenare nessuna avventura degna di questo nome.
Intervista all’autore
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Mattia Bernardini con il quale abbiamo approfondito alcune tematiche interessantissime che sono alla base del suo romanzo
Partiamo dall’inizio. Quando hai capito che la scrittura era entrata a far parte della tua vita e che dovevi pensare alla pubblicazione?
Ho cominciato a tenere un diario personale all’età di quindici anni, nel 2002. All’inizio era un po’ acerbo e sconclusionato. In seguito ho iniziato a dargli una forma più precisa e strutturata, realizzando quanto fosse importante per me, per fissare le idee e metabolizzare gli eventi della vita. Da allora lo aggiorno settimanalmente scrivendo sia le vicende che riflessioni e pensieri. Tutta questa mole di testi, che ormai inizia ad avere dimensioni notevoli, è rimasta sempre privata. L’esigenza di pubblicare qualcosa è nata invece nel 2017, dopo un viaggio importante, per condividere pubblicamente quella che mi sembrava una storia interessante. Questo desiderio ha innescato la spinta per esordire con il mio primo libro: “La buena onda: diario del tour in Messico dei Manovalanza”. Il diario è stato importante per allenarmi alla scrittura, solo in seguito ho iniziato a creare racconti e fiction.
Com’è nato “Qualche rotella fuori posto”? Avevi già in mente la storia?
Sì, alcuni anni fa mi ronzava in testa l’idea di scrivere qualcosa che omaggiasse il mondo dello skateboard, una delle mie passioni fin da ragazzino. Avevo anche un’idea vaga per la trama, che mi ero appuntato in un documento di testo nel computer. Scrissi il primo capitolo, ma poi per mancanza di tempo e di stimoli, abbandonai il progetto. Per fortuna non cancellai quel documento. L’anno scorso rilessi quel primo capitolo per caso, mentre cercavo altro dentro il computer. Pensai che non fosse poi così male. E così scrissi il secondo, poi il terzo. Vedendo che mi divertivo un sacco, mi fermai e stesi una scaletta minuziosa, progettando il romanzo da cima a fondo. Poi, mi misi a scrivere seriamente, terminando la prima stesura in un paio di settimane. Sono state le settimane più entusiasmanti della mia vita.
Nei tuoi protagonisti, Roberto e Franco, c’è qualcosa di te oppure ti sei ispirato a personaggi o persone che hai realmente conosciuto?
Il racconto è molto autobiografico, sia nelle vicende che nella costruzione dei personaggi. Mi sono ispirato a persone vere per risultare il più realistico possibile, modificandone alcuni tratti per renderli più funzionali alla trama. In Roberto c’è molto di me: è impulsivo, avventato, e segue un rigido codice etico tutto suo che risulta poco comprensibile agli altri. Come me è sincero, fin troppo. Tuttavia, possiede anche altre caratteristiche differenti: non è timido né riservato, cose che invece io sono. Per Franco mi sono ispirato a un paio di persone di mia conoscenza, fondendone insieme alcuni aspetti: doveva essere spaccone, divertente e con la faccia tosta, ma anche molto perspicace e all’occorrenza profondo.
Nel tuo libro dici che i protagonisti hanno scelto consapevolmente l’emarginazione. Ci puoi spiegare meglio questo concetto?
Quando si parla di tematiche sociali riguardanti i giovani, l’emarginazione è solitamente vista con accezione negativa. Vale l’assioma che l’uomo sia un essere sociale, che cerca nello stare in gruppo conforto e soddisfazione. Questo è certamente vero, per la maggioranza degli individui. Tuttavia, per esperienza personale, io ritengo che non sia valido a priori per tutti. Ci sono persone che non sono tagliate per fare parte forzatamente di un “branco”. Ecco, questo non viene quasi mai detto ai ragazzi: si può anche fare a meno di essere accettati dal gruppo. Anzi, se si rimane sé stessi senza scendere a compromessi, magari si viene scartati dal branco, ma poi al di fuori si trovano delle persone simili con cui andare d’accordo e sviluppare relazioni molto più soddisfacenti. In un mondo in cui si tende a omologare gli individui, vedere l’emarginazione come una risorsa anziché come un problema può essere un atto innovativo, volto a valorizzare la diversità, vera ricchezza di ognuno di noi.
C’è un messaggio che lasci ai lettori con il tuo libro? C’è qualcosa, cioè, che hai voluto comunicare o su cui vuoi far riflettere?
L’intento principale del libro è quello di mostrare il mondo dello skateboard dall’interno, in una veste sconosciuta alla maggior parte delle persone. Vengono toccate anche tematiche serie e profonde, come la musica alternativa, la vita universitaria e le lotte studentesche, oltre che l’aggregazione giovanile negli spazi fuori dai soliti schemi imposti dalla cultura popolare (come ad esempio gli skatepark stessi). Tuttavia, il messaggio forse più importante che vorrei trasmettere è questo: per vivere un’avventura degna di questo nome non c’è bisogno di inventarsi chissà quali mondi fantasiosi, o di tirare in ballo guerre, catastrofi ed epopee mastodontiche. Basta la quotidianità, vissuta con la giusta grinta. Questo è quello che ho cercato di dimostrare, creando una storia avvincente che si basasse su cose semplici, di tutti i giorni.
Quali altre passioni coltivi oltre alla scrittura?
Sono un musicista, suono la chitarra elettrica da molti anni. Con la mia band “Manovalanza”, che ho fondato nel 2006, ho pubblicato quattro album musicali ed effettuato due tour in Messico (proprio di questo narra il mio primo libro). Negli ultimi anni sono entrato a far parte anche di un’altra formazione italiana conosciuta all’estero, gli NH3, con la quale suono (suonavo, prima della pandemia…) regolarmente in Germania e in altre nazioni d’Europa. La musica è una parte importantissima della mia vita, una passione che mi è costata molti sacrifici, ma mi ha premiato con le emozioni più belle della mia esistenza.
Progetti per il futuro? Un sogno nel cassetto?
Sono molto soddisfatto di aver pubblicato il mio romanzo con una casa editrice con cui mi trovo benissimo, Ali Ribelli, e il mio intento principale per l’immediato futuro è seguire con cura la promozione del libro, e fare delle presentazioni dal vivo appena sarà possibile. Inoltre, sto portando avanti la stesura del mio secondo romanzo, che sarà un horror per ragazzi. Mi ritengo una persona fortunata perché a quindici anni, nel diario a cui accennavo prima, scrissi un elenco dei miei sogni, e ora che sono quasi nel mezzo del cammin di nostra vita, mi rendo conto di averli realizzati tutti! Tuttavia, nel mentre ne sono nati di nuovi. Ne cito solo uno: vorrei riuscire prima o poi a realizzare un fumetto. Sono un grande appassionato della Nona Arte, ma purtroppo non so disegnare, e quindi mi accontenterei anche solo di curare una sceneggiatura!