Proprio all’indomani dell’approvazione del registro delle unioni civili a Roma, proposta avanzata dai consiglieri comunali Imma Battaglia (Sel), Riccardo Magi (Lista Marino), Virginia Raggi (M5S), Svetlana Celli (Lista Marino) e Massimo Caprari (Centro Democratico), un altro evento di grande risonanza democratica promosso dalla Blue Desk di Floriana Pinto e Simone Amendola insieme al gruppo Sel dell’assemblea capitolina ha avuto luogo nella giornata di ieri alle 11,00 nella sala Promoteca del Campidoglio e la sera alle 21,00 alla Casa del Cinema di Villa Borghese: la proiezione del documentario diretto e prodotto da Vasily Bogatov e Taysiya Krugovykn che scandaglia la storia del collettivo femminista russo Pussy Riot, dalla nascita e le prime proteste nel 2011 fino alla condanna a due anni per tre delle ragazze che formano il gruppo: Nadia Tolokonnikova , Maria Alëchina , Ekaterina Samucevi?.
L’iniziativa nasce da un sentimento di vicinanza da parte dei ragazzi della Blue Desk (produzione e distribuzione cinematografica) nei confronti dei due autori russi che in occasione del festival cinematografico Message to Man di San Pietroburgo nel 2014 in cui sarebbe dovuta avvenire la proiezione fuori concorso del documentario, si son sentiti dire dagli organizzatori che il film era stato annullato per questioni di veto delle istituzioni. Quindi ieri in conferenza stampa Bogatov e Krugovykn hanno potuto parlare in Italia del loro lavoro e delle condizioni in cui gli attivisti in Russia fanno opposizione, ovvero rischiando anche l’incolumità fisica.
Pussy vs Putyn è girato in modo amatoriale senza virtuosismi estetici se non in un punto: la scena del concerto nella gigantesca e innevata Piazza Rossa di Mosca in cui con un campo lunghissimo il suono diventa ovattato, le parole si confondono e le piccole sagome colorate delle ragazze che suonano e cantano in lontananza diventano eteree, portate via dalla polizia. Perché le Pussy Riot sono prima di tutto un gruppo musicale di genere punk-rock, provocatorio a partire dal look sexy e colorato,con testi che sfidano la mentalità conservatrice e ortodossa dominante in Russia veicolata e rappresentata politicamente dal presidente Putin. Dichiarano di protestare a favore della libertà di espressione di tutte le categorie di uomini e soprattutto donne che a sprezzo di presunti doveri demografici stabiliti da quel tipo di società, hanno il diritto di emanciparsi secondo esclusivamente i propri desideri e aspirazioni. Il disturbo dell’assonnato e “assiderato” ordine pubblico si è manifestato a partire dal 2011 con una serie di concerti per le strade, sui tetti degli autobus, nelle metropolitane, nelle piazze, raggiungendo l’apice con l’esibizione nella chiesa di Cristo Salvatore nel marzo del 2012 in cui tre di loro hanno cantato una preghiera punk in cui chiedevano alla Vergine Maria di liberare la Russia da Putin. Di seguito il processo per teppismo per odio religioso. La Federazione Russa ha da un lato sostenuto le ragazze, che hanno avuto solidarietà da tante persone e associazioni, così come da alcuni paesi occidentali in cui si è dichiarato che la condanna a due anni di reclusione sia stata eccessiva e sproporzionata; dall’altro è ancora evidente quanto la contraddizione interna al paese renda difficilissima la scalata verso un altro tipo di mentalità, sono presenti gruppi ancora numerosi di cattolici ortodossi che reagiscono in modo molto forte sentendosi offesi e mancati di rispetto, presentando un estremismo speculare e distruttivo.
Tuttavia secondo chi lavora e rischia tanto in questo attivismo di opposizione gli sforzi non sono inutili, nonostante le Pussy Riot abbiano avuto la peggio in questa estenuante recente battaglia, hanno comunque provocato un timore, e come dichiarano i due registi: “se inseguito ad un concerto di provocazione prima venivano fermate da tre o quattro poliziotti, adesso ad intervenire sarebbero molti di più”. Certo non è un bene di per sé, soprattutto dal punto di vista dei sempre tristemente possibili soprusi governativi, ma comunque questo rappresenta il segnale di quanto abbiano colpito al cuore della società. Ad oggi le ragazze non si sono fermate: fanno parte di un’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti.
Go Pussy Go!