Prosegue a Milano la mostra tematica “CINEMA POP“, a cura di Elena Pontiggia, presso la Galleria Robilant+Voena fino al 29 maggio, organizzata in collaborazione con l’Associazione Sergio Sarri e l’Associazione Giangiacomo Spadari.
L’importante esposizione è evento collaterale che accompagna per tutta la sua durata la fortunata mostra “MILANO POP. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni ’60/’70” allo Spazio Espositivo di Palazzo Lombardia.
La mostra “CINEMA POP”, attraverso una trentina di lavori di Sergio Sarri (1938) e Giangiacomo Spadari (1938-1997), approfondisce un aspetto comune a questi due protagonisti della Pop Art milanese, «attenti entrambi alle modalità espressive del cinema come spunto pittorico», così come rileva la curatrice Elena Pontiggia. Infatti, come la pittura anche il cinema fonda le sue basi sull’immagine; tuttavia, mentre il film la sviluppa nello spazio e nel tempo, l’arte pittorica la cristallizza in un “fotogramma”. Questa la riflessione di partenza che accomuna Sarri e Spadari e li allontana da altri artisti che hanno guardato alla settima arte come riferimento di cultura popolare, fra cui si ricordano Mario Schifano e Mimmo Rotella, i quali hanno attinto al bacino di immagini dell’universo cinematografico per farne delle icone pop.
Spiega infatti Pontiggia: «Anche artisti come Sergio Sarri e Gianni Spadari, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, hanno ricreato una sorta di cinema, non con la poesia ma con la pittura. Entrambi il cinema l’hanno anche praticato, in forme sperimentali. Più che una direzione di ricerca, però, la decima musa è stata per loro un linguaggio a cui si sono ispirati».
Troviamo così, tra le opere esposte, Roma città aperta del 1976 e due lavori ispirati a Charlie Chaplin, rispettivamente del ’73 e del ’77 dal ciclo Tempi moderni di Spadari, accanto a Studio per Belle de Jour, Studio per L’angelo sterminatore e Studio per Ensayo de un crimen dalla serie di Omaggi a Buñuel del 1985 di Sarri.
Da qui l’approccio impegnato di Spadari, coerente con la produzione dell’artista, nei confronti del cinema visto «come linguaggio, raramente come spensierato passatempo», ricorda il figlio Alessandro, e interpretato sulla tela con colori stravolti e tonalità visionarie per richiamare i più amati film in bianco e nero: «Credo di aver stabilito – ha affermato lo stesso Spadari – un rapporto di dare e avere: un piegare la loro immagine al mio “stile”, un adattare il mio stile alle loro immagini».
In Sarri invece prevale la volontà di «mettere in evidenza anche l’aspetto psicologico e di suggestione che questi due mezzi di espressione, interagendo tra loro, risvegliano nel nostro subconscio», come egli stesso dichiara. Da qui una pittura che attraverso lo sconvolgimento delle forme, il ritmo frantumato e quasi allucinato delle composizioni è volta ad evidenziare il mito, l’archetipo, le grandi scene e i volti del mondo cinematografico, per stimolare la fantasia dell’osservatore e colpire l’immaginario più che lo sguardo.
Arricchisce l’evento una pubblicazione ispirata alla grafica delle riviste dell’epoca con contributi di Elena Pontiggia, Sergio Sarri, Alessandro Spadari e un testo di Giangiacomo Spadari, in dialogo con immagini di repertorio e delle opere esposte.