Si è svolta a Venezia la conferenza finale del progetto europeo ‘Life-Ghost’ durante la quale sono stati presentati i risultati ottenuti nell’arco di tre anni di attività (2013-2016).
Progetto ‘Life-Ghost’
ll progetto ‘Life-Ghost’ è stato co-finanziato dal programma Life+ Biodiversità e coordinato dall’ Istituto di Scienze marine del Cnr, affiancato dall’Università Iuav di Venezia e dalla società Laguna Project. Esso ha contribuito a valutare, attraverso approcci innovativi, la presenza e gli impatti delle reti e degli attrezzi da pesca persi o abbandonati sui fondali marini lungo la costa veneta, in particolare in aree sommerse rocciose localmente note con il nome di “tegnùe”, particolarmente ricche di biodiversità.
Le attività sul campo, condotte su circa 2.125 ettari di fondale (15 tegnùe e 1 scogliera artificiale), hanno portato all’individuazione, alla mappatura e alla successiva rimozione di oltre 500 kg di reti e attrezzi da pesca fornendo i primi dati scientifici per questo ambiente marino costiero.
Lo scopo
Il progetto ha contribuito anche a dimostrare che la rimozione delle reti da fondali marini rocciosi attuata secondo criteri di sostenibilità determina un miglioramento della biodiversità locale, valutabile in termini economici grazie all’applicazione di particolari tecniche di analisi (con tali tecniche è stata verificata la piena sostenibilità economica di interventi di recupero ambientale di questo genere).
Particolare attenzione è stata posta alla condivisione dei risultati del progetto con gli stakeholder verso i quali è stata implementata una comunicazione tanto facilmente fruibile quanto scientificamente corretta. In questo ambito sono stati realizzati ad esempio un codice di condotta e un manuale sulla gestione delle reti fantasma indirizzati agli operatori della pesca nonché una proposta di regolamento (raccomandazioni operative per una gestione efficace di reti e attrezzi da pesca abbandonati e persi in mare) allegata alla mozione N° 173 presentata al Consiglio della Regione Veneto dalla consigliera E. Baldin il 1 agosto 2016 e diretta alle autorità locali.
Infine, sono stati identificati i principali polimeri che costituiscono le reti e grazie alla collaborazione con alcune ditte specializzate nel riciclaggio di materiale plastico sono state testate differenti opzioni di trattamento sia per le reti recuperate che per quelle dismesse al fine di identificare percorsi di riutilizzo di questi materiali, minimizzando il loro conferimento in discarica.
L’evento conclusivo del progetto è stato un’occasione di riflessione e di approfondimento sul tema della gestione degli attrezzi da pesca dismessi o abbandonati in mare. Grazie agli interventi di numerosi esperti italiani e stranieri sono stati presentati e discussi gli approcci tecnici più innovativi per il trattamento e il riuso dei materiali plastici di cui sono principalmente costituiti reti e attrezzi da pesca.